Ore di permesso, richieste per accudire l’anziana zia, utilizzate per i propri interessi personali. Questo è quanto scoperto dalle Fiamme Gialle cremasche. Una impiegata, presso il Comune di Crema, era stata segnalata dalla stessa Amministrazione comunale al locale Comando Tenenza in quanto sospettata di fare un indebito uso dei permessi accordati per l’assistenza di una zia malata. I militari hanno, pertanto, avviato un’attività di osservazione occulta riferita a 9 permessi, fruiti sempre di pomeriggio e su di un arco temporale di circa 30 giorni, constatando come la signora, pensando di agire indisturbata, si recasse in pubblici esercizi per fare acquisti (in un caso è stata vista entrare in una gioielleria!) o presso la propria abitazione per le faccende domestiche, ma mai presso l’anziana parente, stabilmente dimorante nel lodigiano. La legge 104 riconosce ai lavoratori tre giorni di permesso mensile retribuito, frazionabile in ore, per l’assistenza di persone con handicap in situazione di gravità a condizione che le stesse non siano ricoverate a tempo pieno presso strutture specializzate. Una norma, nata nel 1992, con il nobile intento di aiutare i dipendenti pubblici e privati in presenza di malattie invalidanti connotate da situazioni di gravità che tuttavia, in taluni casi, ha dato luogo a forme di palese irregolarità. L’abuso di permessi ex Legge 104/1992 è sfociato in questo caso nell’ipotesi, disciplinata dall’art. 316 ter del codice penale, di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. La citata norma prevede comunque che, qualora l’indebita percezione sia inferiore ad € 3.999,96, vi sia l’applicazione da parte dell’Autorità competente di una sanzione amministrativa, da individuarsi nelle ore di permesso (retribuite) monitorate dai militari della Tenenza, circa 13 ore complessive. L’Amministrazione Pubblica che, in questo caso, ha subito un danno erariale e di immagine costituito dalle ore di lavoro retribuito e non prestato dalla dipendente “scorretta”, sta già correndo ai ripari: è stato avviato infatti, da parte dell’Amministrazione comunale, nei confronti della signora un procedimento disciplinare, il quale può concludersi in tali casi (avendo la dipendente violato i principi di correttezza e buona fede) con il c.d. licenziamento per giusta causa; non solo: sul punto, la Guardia di Finanza interesserà la Corte dei Conti, organo giudiziario competente all’avvio del procedimento per danno erariale, relativo alle somme indebitamente percepite nelle ore di permesso e al danno d’immagine che ha prodotto al Comune. Infine, verrà segnalata la condotta al Prefetto, Autorità competente all’irrogazione della sanzione che consisterà nel pagamento di una somma di denaro da € 5.164 ad € 25.822. L’attività delle Fiamme Gialle si inserisce nell’ambito delle azioni a contrasto degli illeciti nel settore della Spesa Pubblica e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione, sia per quanto concerne i più gravi reati di corruzione sia, come in questo caso (fatto emergere, è opportuno rimarcarlo, grazie alla essenziale collaborazione dell’Amministrazione comunale) in cui è stato commesso un abuso di una norma che tutela le persone bisognose. Queste ipotesi di “malcostume” generano, da una parte, una forma di grave iniquità nei confronti di chi effettivamente ne ha bisogno e, dall’altra, inefficienze, sprechi nonché un grave danno di immagine nei confronti della Pubblica Amministrazione e dei tanti pubblici dipendenti, che quotidianamente svolgono con professionalità ed impegno il loro lavoro.