
Da lunedì 20 febbraio 2017 i 5.000 P.M. e Giudici onorari italiani sono in sciopero per l’intera settimana.
Giovedì scorso erano scesi in Piazza in 1000 per chiedere le dimissioni del Ministro della giustizia e una presa di posizione forte del CSM e dell’ANM contro il progetto di precarizzazione della categoria annunciato da Andrea Orlando.
Costituzione alla mano, ricordano al Guardasigilli che i magistrati si distinguono solo per diversità di funzioni (art. 107) e che quelli onorari possono svolgere tutte le funzioni affidate a giudici singoli (art. 106).
Vietati invece quei trattamenti discriminatori, già censurati dal Consiglio d’Europa e dagli uffici tecnici della Commissione europea, che impediscono loro di fruire di previdenza, ferie retribuite, maternità, ponendo addirittura in dubbio il principio di inamovibilità dei magistrati che impone di inquadrarli a tempo indeterminato.
Il Ministro finge di ignorare che la nomina di funzionari e magistrati onorari a tempo determinato è ammessa solo per gli incarichi elettivi e neppure per tutti (si pensi ai Senatori a vita).
Purtroppo la stessa amnesia sembra colpire anche l’ANM, che in un recente comunicato, di cui pure sono stati apprezzati i toni premurosi e attenti ai diritti economici della categoria, si rimarca la natura occasionale e temporanea dell’incarico di magistrato onorario, di fatto avallando un sistema di voucherizzazione della giustizia che, ammessa per alcuni, potrebbe in futuro riguardare tutti i magistrati con funzioni monocratiche.
Premesso che i magistrati onorari non inseguono obiettivi di parificazione coi i magistrati di ruolo, cui riconoscono l’esclusiva titolarità di prerogative quali l’autogoverno della magistratura e l’accesso alle funzioni presidenziali e direttive, rilevano come i magistrati onorari amministrino ormai stabilmente il 50% dell’intero contenzioso civile e penale e devono ricevere immediata tutela.
Chiedono che di ciò si prenda atto da parte della magistratura di ruolo, almeno con riferimento a coloro che oggi già sono nella titolarità delle funzioni giudiziarie senza soluzioni di continuità, come già hanno fatto i capi delle procure italiane con un documento in cui chiedono la tutela della categoria e ne riconoscono la funzione coessenziale e non rinunciabile al funzionamento dell’apparato giudiziario.