Boom della spesa privata delle famiglie italiane per infermieri: 6,2 miliardi di euro all’anno. Per le prestazioni degli infermieri a domicilio le famiglie italiane spendono di tasca propria 6,2 miliardi di euro all’anno. Dai prelievi di sangue effettuati in casa (richiesti dal 31,5% dei cittadini che si sono rivolti a un infermiere a domicilio) alle iniezioni (23,5%), dalla misurazione di parametri vitali come la pressione arteriosa (14,3%) alle medicazioni (13,5%), dalle flebo (13,4%) all’assistenza notturna (4,3%), è boom della domanda di infermieri a domicilio. Sono 12,6 milioni gli italiani che hanno pagato di tasca propria per averle. Di questi, 2,3 milioni per avere assistenza prolungata nel tempo. In particolare, sono 920.000 le famiglie con una persona non autosufficiente che hanno fatto ricorso a infermieri pagando di tasca propria. E sono 6,3 milioni gli italiani che hanno pagato in nero, senza fattura, le prestazioni, per intero o in parte: quasi uno su due. È quanto emerge da una ricerca del Censis realizzata per Ipasvi e Enpapi. L’Italia che invecchia e con tanti malati cronici ha sempre più bisogno di queste prestazioni. Il sommerso della spesa privata per infermieri non è un fatto eccezionale, ma una variante della più ampia nuova spesa sommersa delle famiglie per accedere a sevizi di welfare: un modo per le famiglie di trovare nel privato a prezzi sostenibili servizi che non trovano o non trovano più nel pubblico.
Tanta fiducia negli infermieri. L’84,7% degli italiani si fida degli infermieri. La fiducia resta molto alta trasversalmente ai diversi gruppi sociali e ai territori. Si fidano dell’infermiere l’84,1% dei residenti del Nord-Ovest, l’87,3% al Nord-Est, l’85,6% nelle regioni del Centro e l’83,3% nel Sud. Particolarmente alta è la fiducia tra le persone anziane (90,1%).
Il 48% degli italiani si è rivolto anche a non infermieri: dai parenti alle badanti. Se la domanda di infermieri è alta e crescente nel tempo, oggi però non ci sono abbastanza proifessionisti sul territorio per effettuare gli interventi a domicilio e per fornire prestazioni di continuità assistenziale anche minuta. Così gli italiani affidano alcune prestazioni infermieristiche anche a non infermieri. Il 31,1% si rivolge a un parente o a un conoscente, il 16,1% a operatori socio-sanitari, il 14% a personale di assistenza non qualificato come le badanti. E a rivolgersi di più ai non infermieri sono proprio le famiglie con persone non autosufficienti (58%). Le difficoltà nel reperire infermieri quando se ne ha bisogno e il costo delle prestazioni spingono a ricorrere a personale non specializzato, soprattutto per prestazioni infermieristiche considerate semplici (il 62% degli italiani ritiene che non ci sia bisogno di infermieri per fare iniezioni o medicazioni). Per questa via si legittima l’inappropriatezza delle cure, con tutti i rischi conseguenti.
Come lo trovo l’introvabile infermiere quando ne ho bisogno? Invecchiamento e cronicità delle patologie fanno esplodere la domanda di prestazioni infermieristiche. E gli italiani sono costretti ad arrangiarsi nella ricerca quando ne hanno bisogno. Come trovano l’infermiere che pagano privatamente? Il 40,3% degli italiani che hanno trovato un infermiere nell’ultimo anno ha usato il canale della conoscenza diretta, il 29,6% tramite un parente o un amico, il 17% attraverso l’indicazione di un medico, l’8,7% chiedendo in farmacia, l’1,2% tramite annunci sui giornali o su internet. Cresce anche il ricorso agli intermediari, come le cooperative sociali. Il 12,1% dei cittadini che avevano bisogno di un infermiere e non sono riusciti a trovarlo (in particolare il 18% delle famiglie con persone non autosufficienti) si è rivolto proprio a un intermediario.
È l’ora dell’infermiere sul territorio convenzionato con il Servizio sanitario. La soluzione per gli italiani è potenziare l’offerta di infermieri professionali presenti sul territorio. Il 53,8% vorrebbe l’infermiere convenzionato sul territorio, come il medico di medicina generale, il 38,5% vorrebbe infermieri reperibili nelle farmacie, il 19,8% l’abolizione del numero chiuso per l’accesso alle facoltà universitarie di scienze infermieristiche, il 16,3% incentivi fiscali per aderire a prodotti assicurativi che includano pacchetti di prestazioni infermieristiche.