SCUOLA – Lezioni finite, è stato un anno difficile e il prossimo andrà peggio: boom di contenziosi

È giunto al termine l’anno scolastico: tra oggi e domani suonerà l’ultima campanella in tutti gli istituti, tranne in quelli del Friuli Venezia Giulia e dell’Alto Adige che concluderanno le lezioni la prossima settimana. Ma anche gli alunni delle classi terminali della scuola secondaria, attese dagli Esami di Stato. In alcune scuole, come a Pavia, si sono verificati dei tafferugli, a seguito di atteggiamenti goliardici di alcuni studenti. A livello organizzativo, è stato un anno difficile: decine di migliaia di docenti, in prevalenza assunti con la Legge 107/2015, sono stati nominati fuori tempo massimo, addirittura a ridosso del Natale scorso; circa 1.400 istituti sono stati affidati a presidi già titolari di altre scuole; un altissimo numero di alunni disabili, quasi 100mila su 240mila, si è visto cambiare almeno una volta il docente di sostegno; un insegnante su sette è rimasto precario e il livello dei contenziosi ha raggiunto quote mai toccate in passato; anche per via del concorso a cattedra che ha escluso illegittimamente tante categorie di aspiranti docenti, molti dei quali ripescati proprio grazie all’operato del sindacato.

L’attenzione si sposta già sul prossimo anno. Quando le cose peggioreranno. Perché da settembre cominceranno a essere attuati i decreti legislativi della Buona Scuola approvati solo da alcune settimane. E continueranno a permanere precariato e supplentite, nonostante gli ulteriori finanziamenti del disegno di legge correttivo alla Legge di Stabilità sugli organici e il piano straordinario di assunzioni del 2015. A poco è servita la recente Circolare ministeriale n. 21315/17 sugli organici del prossimo anno, perché autorizza la conversione di soli 15 mila posti in organico di diritto, peraltro su spezzoni nella superiore, rispetto alle 100 mila supplenza assegnate ogni anno (di cui circa la metà su sostegno).

A proposito dei docenti specializzati nell’insegnamento agli alunni disabili, dopo mesi e mesi di auspici sulla rilevanza della continuità didattica e sulla volontà del Miur di voltare pagina, sono stati accordati solo 3.600 immissioni in ruolo di sostegno, rispetto ai 41.600 in deroga assegnati ogni anno (destinati a crescere). Fa pensare anche il fatto che le ultime assunzioni per gli ATA risalgono al 2011, anche se la legge prevedeva organici inalterati negli anni successivi.

“Per questi motivi – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – ci siamo rivolti al Consiglio d’Europa, alla Commissione per le Petizioni del Parlamento Ue, al termine del confronto svolto in primavera presso l’European Parliament, sulla mancata adozione della Direttiva Ue 1999/70/CE che prevede la stabilizzazione del personale con 36 mesi di servizio. Con le autorità italiane e i componenti della rappresentanza permanente, che in autunno dovranno presentarsi in adunanza plenaria per fornire ragguagli. In questi ultimi giorni abbiamo deciso di sollecitare anche la Cedu, la Corte europea dei diritti dell’Uomo”.

“Se abbiamo poi ottenuto dalle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza del 7 novembre 2016, n. 22558, il semaforo verde al pagamento degli scatti di anzianità per i precari come dei risarcimenti per i contratti superiori a 36 mesi al 31 agosto o al 30 giugno su stesso plesso, questo ha dato una prima risposta ma non ha risolto il problema del precariato – continua il sindacalista Anief-Cisal -. E che dire sull’incompiuto percorso 0-6 anni che, anche a regime, coinvolgerà una percentuale residua di bambini, pensando anche che il segretario PD appena confermato, Matteo Renzi, ha fatto una delle sue prime uscite pubbliche a Bologna? La verità è che c’è da piangere”.

“Perché dal decreto delegato 65, pubblicato la scorsa settimana in Gazzetta Ufficiale, sull’Istituzione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita a sei anni, risulta che le sezioni Primavera saranno rese attivabili solo se compatibili con ‘le risorse finanziarie destinate allo scopo a legislazione vigente’. Anche in questo caso, la domanda sorge spontanea: perché servono risorse certificate, se è lo stesso decreto delegato che impone il carattere ordinatorio di tale sezioni? Abbiamo assistito a tanta propaganda e pochi fatti. Avevamo chiesto di anticipare di un anno l’obbligo scolastico rispetto alla chiusura sperimentale di un anno delle superiori, con classi ‘ponte’ con docenti di infanzia e primaria in copresenza, e l’estensione dell’obbligo scolastico a 18 anni. Così si garantirebbe il diritto allo studio”.

“Dal Governo abbiamo poi sentito tanto ‘rumore’ sul potenziamento, ancora a oggi negato agli alunni della scuola dell’infanzia. E ai mastri, già estromessi dal piano straordinario di assunzioni dell’ultima riforma. Per non parlare dei neo-laureati abilitati in Scienze della Formazione, anche loro esclusi da quel piano di assunzioni. Ma ci sarà qualche notizia buona almeno sull’integrazione? Purtroppo le premesse sono anche in questo caso negative: il decreto legislativo n. 66/2017 costringerà 225 mila famiglie a rifare le certificazioni secondo nuovi criteri dell’Organizzazione mondiale della sanità”.

Perché gli studenti già ‘certificati’ dovranno sottoporsi d’estate all’esame delle rinnovate commissioni mediche, le quali dovranno a loro volta produrre una nuova certificazione della disabilità per aver riconosciuto il diritto allo studio sul sostegno. Solo che non possono continuare a essere le ragioni economiche a imporsi sui diritti dell’individuo. Sono trascorsi vent’anni dalla Legge 449/97 che ha istituito i posti in deroga: è giunta l’ora di stabilizzare tutti i posti negli organici ordinari di diritto.

Anche per gli studenti non ci sono buone notizie. Se per il futuro le prove Invalsi vengono eliminate dagli Esami di Stato, rimanendo indispensabili per l’ammissione e diventando elemento costitutivo della scuola dell’autonomia, sulla loro costituzione non si tiene adeguatamente conto del territorio, del tessuto sociale, della situazione della classe. I loro livelli, infatti, non sono ininfluenti sulla valutazione delle scuole e pure dei docenti, nonché sugli apprendimenti degli studenti: “una scuola ai Parioli di Roma – incalza Pacifico – non può avere lo stesso tipo di ‘utenza’ dello Zen di Palermo o di Scampia nel napoletano. Se si va verso una svalutazione del titolo di studio, siamo totalmente contrari: l’università nel Medioevo è stata creata per lo scopo contrario”.

“Per questi motivi – continua – l’Anief continuerà a condurre la sua battaglia legale contro queste riforme: abbiamo vinto sull’utilizzo dei posti in deroga, sul trasferimento dei precari nell’aggiornamento delle graduatorie, sulla parità di trattamento tra personale a tempo determinato e indeterminato, sulla mobilità del personale e tante altre. Continueremo ancora, ancora dopo che diventeremo rappresentativi alle prossime elezioni RSU, a meno che non subentri un po’ di buon senso in chi ci governa”.

Su questi aspetti, l’ufficio studi Anief ha quantificato l’opera di contenzioso attivata dal giovane sindacato nell’ultimo anno: sono stati prodotti oltre 3 milioni di euro di risarcimento, solo attraverso il riconoscimento degli scatti di anzianità per i precari e il risarcimento del danno in caso di reiterazione di contratti a termine oltre i 36 mesi su posto vacante. Nelle ultime settimane, sono state recepite 2mila adesioni per ricorrere al giudice del lavoro, dopo aver ottenuto le sentenze positive della Corte di Giustizia UE, della Corte Costituzionale e in ultimo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (novembre 2016).

È stato poi ottenuto l’inserimento in via definitiva nelle Graduatorie a Esaurimento di circa 3.500 docenti abilitati con diploma magistrale, grazie ai ricorsi al Tribunale amministrativo. A cui si aggiungono altri 15mila ricorrenti, in attesa di giudizio definitivo che entri nel merito del contenzioso, inseriti con riserva con il riconoscimento del diritto alla stipula di contratto a tempo determinato e indeterminate.

Per il personale di ruolo, sempre l’Anief ha ottenuto l’integrale e immediato riconoscimento di tutto il servizio pre-ruolo nella ricostruzione di carriera, con più di mille ricorsi depositati negli ultimi mesi. “Più di 800 docenti – ha detto ancora Pacifico – si sono rivolti a noi contro le procedure di mobilità, dove abbiamo raccolto nell’ultimo mese 400 nuove altre adesioni contro il CCNI 2017 che, ancora una volta, non riconosce il servizio svolto nelle paritarie né quello pre-ruolo per il blocco quinquennale su sostegno. E non valorizza i titoli di abilitazione, come quelli conseguiti tramite SSIS o TFA o per la specializzazione di sostegno, oltre a svilire il servizio pre-ruolo nella compilazione delle Graduatorie d’Istituto”.

Sul concorso a cattedra 2016, il sindacato ha ottenuto la partecipazione, con l’indizione di specifiche prove suppletive, di circa 2.500 docenti appartenenti a numerose categorie escluse dal Miur: insegnamenti tecnico pratici, diplomati ISEF, abilitandi PAS e specializzandi sostegno, docenti di ruolo. L’Anief ha in corso, al momento, circa 100 ricorsi presso il TAR Lazio per ottenere l’inserimento in GaE dei docenti abilitati tramite TFA, PAS, Diploma Magistrale, SFP, Abilitazioni estero e da concorso: per tali impugnazioni ha già raccolto 3mila adesioni.

Sono comunque oltre 30 le tipologie di ricorso con adesioni ancora aperte presso il TAR Lazio (inserimento in III fascia GaE e aggiornamento 2017, inserimento in II e III Fascia Graduatorie d’istituto e aggiornamento I fascia) e oltre 40 tipologie di ricorso presso il Giudice del Lavoro. Come l’indicizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale 2008-2017 dal settembre 2015 (per l’ottenimento della quale sono stati predisposti appositi modelli di diffida), il riconoscimento dell’indennità di reggenza ai vicari dal 2010, il recupero del primo gradone stipendiale per neo-assunti dal 2011. Sono state impugnate, inoltre, le ferie non godute per i precari, l’accesso al TFS 2010-2012 per assunti ante 2000, l’assegno pensioni superiori a tre volte il minimo INPS per 2014-2015, le differenze retributive per lo svolgimento delle funzioni DSGA per il personale ATA. Il sindacato ha, infine, presentato ricorso contro le trattenute ENAM e TFR la temporizzazione per DSGA.