AOI, LINK 2007 e CONCORD Italia, in un documento congiunto, esprimono alcune precisazioni sui contenuti e sulla gestione della vicenda del cosiddetto Codice di Condotta per le ONG che effettuano i salvataggi in mare.
Pur condividendo lo sforzo di coordinamento e sistematizzazione che il Viminale sta portando avanti, le organizzazioni innanzitutto sottolineano che più che di “codice di condotta” – che implicherebbe il pieno coinvolgimento delle parti interessate, fin dalla sua formulazione – si dovrebbe parlare di disposizioni amministrative unilaterali. Disposizioni, peraltro, che rispecchiano per la maggior parte quanto da un lato è normalmente nei poteri delle pubbliche amministrazioni e quanto, dall’altro, le Ong già stanno facendo nel rispetto della legge del mare e delle convenzioni internazionali. Questa corrispondenza di molta parte del Codice con la realtà vissuta quotidianamente nei salvataggi dimostra anche la falsità e la malizia del messaggio di denigrazione delle Ong diffuso nei mesi scorsi e continuamente ripetuto da gran parte della politica e dei media. La trasparenza richiesta, poi, è uno dei principali pilastri delle Ong umanitarie, senza la quale esse perdono significato: i bilanci sono pubblici e le istituzioni possono chiedere qualsiasi chiarimento se sorgessero dubbi.
Alcune Ong non hanno però potuto firmare il Codice per motivi legati all’impostazione generale e, in particolare, a causa di due punti che rischiano di snaturare l’identità delle Ong umanitarie:
• Il Codice evita di affermare con chiarezza la priorità del salvataggio in mare di fronte a persone in pericolo, mentre esplicita la richiesta di contribuire attivamente, a bordo, alle attività investigative e di polizia. Vengono così cancellati i principi fondamentali che impongono l’assoluta distinzione tra l’attività di polizia (o militare) e l’attività umanitaria
• Le operazioni militari italiane nelle acque territoriali libiche e l’insistenza ad affidare alle forze di quel paese il salvataggio e la protezione dei migranti, senza alcuna garanzia che ciò possa realmente avvenire, confermano ancora maggiormente la necessità per le Ong di essere e di essere percepite indipendenti da tali operazioni.
• La presenza a bordo di funzionari armati, contraria ai codici che la grande parte delle Ong umanitarie ha adottato in tutti i paesi in cui intervengono, che prevedono che nelle loro sedi non entrino armi. No Weapons, Non si entra armati. È un segno dell’imparzialità, della neutralità ed è anche una garanzia di sicurezza per il personale
• La proibizione del trasbordo da una nave più piccola ad un’altra più grande e più attrezzata per il soccorso e le cure mediche, che appare come una pura limitazione ai salvataggi: il Codice, pur ammettendo eccezioni, mette a rischio la possibilità di normale collaborazione tra navi di diverse dimensioni, mettendo in realtà a rischio la vita delle persone.
Le azioni di salvataggio, anche senza Codice, sono state effettuate nel pieno rispetto della legge italiana e internazionale e sotto il coordinamento dell’istituzione preposta, il Comando della Guardia costiera. La mancanza di coerenza del Codice con le ampie disposizioni e gli standard operativi già codificati sia in Italia che nell’Ue, per quanto riguarda il soccorso umanitario, lascia invece perplessi e dubbiosi.
Un maggiore e più approfondito dialogo del Ministro con le Ong avrebbe certamente favorito la ricerca di un Codice veramente condiviso, rispettoso dei principi umanitari, e quindi sentito da tutti come proprio e non come imposizione esterna a cui dover aderire. Le divisioni nel mondo Ong e tra Ong e istituzioni, in un momento difficile come questo, non aiutano nessuno, specie di fronte a questioni che toccano la vita e la morte delle persone e quindi i valori fondamentali del nostro vivere comune.
Le organizzazioni firmatarie ribadiscono la buona volontà e la disponibilità alla piena collaborazione da parte delle Ong, nei limiti dei pluriennali e sperimentati codici basati sui principi umanitari, rinnovando la richiesta di istituzione di un tavolo di confronto finora rimasta inascoltata. L’autorità dello Stato non è messa minimamente in dubbio; ne è prova il continuo confronto e la collaborazione con le istituzioni politiche e amministrative che ha sempre caratterizzato la nostra azione. Siamo convinti che, anche su questa materia, il confronto possa aiutare a superare le divisioni.