Quasi quasi mi faccio una canna. Vado a comprarla in centro, i punti vendita sono tanti, c’è il libero mercato. Speriamo però che non mi capiti un venditore (come si dice, con quel termine tanto di moda… ah, sì: pusher) che abbia troppo allungato l’erba o l’hashish con altra roba, ma tant’e’, l’effetto me lo fara’ lo stesso: un po’ di rilassamento. Certo e’ a rischio, ma che devo fare? Potrei infilarmi in un vinaio e bermi vino a sfare, o in un bar e farmi dare cicchetti di superalcolici a iosa… no, poi lo stomaco mi dice che non va bene, e i postumi, no, non li reggo.
Ecco, sono arrivato. C’è la scelta e, casomai, basta cambiare angolo e piazza. Mi fermo, mi guardo in giro, ed ecco che subito un venditore mi si avvicina e mi chiede cosa gradisco. Ha di tutto, non solo canne: cocaina, acidi, crack, amfetamine e dei nomi che non avevo mai sentito prima, ma che il pusher mi garantisce che fanno effetti indimenticabili. Sono tentato. Ma no, Voglio solo rilassarmi, non eccitarmi, evadere, sognare, e via dicendo con tutti i possibili e immaginabili effetti del cervello quando viene stimolato in diversi modi. Ecco la mia canna, hashish. Il pusher mi ha garantito che è marocchina, quindi in teoria -per quanto ne sappia- la migliore del mercato mondiale. Pero’, ora che ci penso, c’e’ quel mio conoscente che si coltiva l’erba da solo, in un armadio illuminato dentro casa sua, avrei potuto chiedergliela e probabilmente non mi avrebbe chiesto nulla in cambio, e forse mi avrebbe dato solo erba senza altre schifezze dentro. Ma sara’ la prossima volta. Intanto mi faccio questa canna marocchina, sperando che sia solo hashish e non troppo concentrato e troppo potente, che’ l’ultima volta m’e’ venuto un qualche dubbio.
Ah, che canna. Super! Ora si’ che sono rilassato. Meno male, m’e’ andata bene. Fammi bene ricordare la faccia di quel pusher, cosi’ la prossima volta cerco lui e non rischio niente. Certo, c’e’ sempre il rischio che qualcuno mi cucchi mentre compro. Ma dai, e’ minimo. Ci sono tanti venditori e tanti compratori. Vuoi che capiti proprio a me?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc