Il rendiconto generale 2016 e l’assestamento di bilancio 2017 confermano il pieno fallimento della “Buona scuola”, a iniziare dalla politica spazza-precariato tanto osannata dal Governo Renzi, subito dopo il suo insediamento. I numeri parlano chiaro: nel corso dello scorso anno scolastico, sono saliti a 88.045 i docenti inseriti nella Graduatorie ad Esaurimento, a cui si aggiunge il nuovo record per le supplenze annuali e al termine delle attività didattiche, con 125.832 contratti stipulati. Poi ci sono 400 nuove procedure per le suppletive al concorso a cattedra, la cancellazione di altre 102 scuole autonome, l’assegnazione del bonus del “merito” professionale soltanto a 2.487 insegnanti, la valutazione esterna solo per il 5% delle scuole dall’INVALSI. E che dire di appena 3.438 posti in deroga per amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici, dopo anche i tagli della Legge di Stabilità 2015?
I dati, impietosissimi, risultano dalla relazione, tenuta presso la VII Commissione della Camera dei Deputati, del Rendiconto generale dello Stato approvato dal Senato e del disegno di legge di assestamento di bilancio 2017, secondo i numeri certificati dalla Corte dei Conti.
Da un’analisi della relazione, innanzitutto, colpisce la politica fallimentare per il personale Ata: dopo aver escluso collaboratori scolastici, assistenti tecnici e amministrativi dal piano straordinario di immissioni in ruolo, dall’organico potenziato, dal bonus e dalla card docenti previsti dalla legge 107/2015, e aver tagliato altri 2.020 posti per digitalizzare le segreterie (legge 190/2014), il Governo si è visto costretto ad autorizzare altri 3.438 posti in deroga (quindi da collocare in organico di fatto, non utile né per assunzioni né per trasferimenti del personale di ruolo), e nell’ultimo anno a disporre altre 6mila immissioni in ruolo (appena un terzo dell’organico di diritto certificato e un ottavo di quello complessivamente chiamato come supplente) dopo le 30mila assunzioni attuate nel lontano 2011. Non si preannuncia, poi, nessun concorso in vista né per Direttori dei servizi generali ed amministrativi – benché vi siano oltre 1.500 scuole senza questa figura – né per i coordinatori delle segreterie.
Ma è sulle graduatorie e sui concorsi degli insegnanti che si tocca l’apice della negatività. Perché le famose GaE, che dal 2006 sono ad esaurimento, non soltanto non si liberano di candidati: addirittura, ora si scopre che aumentano per via del contenzioso che ha visto perdente l’amministrazione, in primo luogo, sui diplomati magistrale, abilitati entro il 2001, eppure esclusi negli ultimi quindici anni dal reclutamento prima di una sentenza del presidente della Repubblica. Per non parlare del fatto che il 60% ivi inserito non ha svolto un giorno d’insegnamento e che l’attuale proroga di altri due anni dell’aggiornamento della provincia di certo non aiuterà a smaltirne le liste con sempre più ricorsi alle graduatorie d’istituto.
Tra i motivi dell’aumento delle supplentite, nella relazione si cita “la mancanza di iscritti in alcune Gae, l’istituzione di posti di sostegno in deroga (30% dell’organico, nda), il mancato completamento di alcune procedure concorsuali, gli effetti della mobilità straordinaria”: da qui, 109.889 supplenze al termine delle attività didattiche e 15.943 annuali. E anche quest’anno 15mila immissioni in ruolo autorizzate sono andate a vuoto, proprio per la mancata estensione del doppio canale di reclutamento alle graduatorie d’istituto. E che dire proprio della gestione dell’ultimo concorso a cattedra quando alle 620 procedure di valutazione attuate per via di una scelta discutibile, suggerita dal Miur, di non concedere provvedimenti cautelari di ammissione alle prove quanto di disporre prove suppletive se ne sono affiancate altre 400, di cui molte ancora in corso.
L’unica notizia buona per il dicastero Viale Trastevere, peraltro senza l’intesa in Conferenza Unificata, è la riduzione da 8.508 a 8.406 sedi di presidenza (erano 12mila dieci anni fa), cosa che non ci fa onore e che, certamente non contribuisce, viste le innumerevoli reggenze, a far funzionare meglio le scuole (a quando i concorsi con una riserva di posti da assegnare a chi ha dimostrato di valere sul campo?), specie se collocate in piccole isole, zone montane, isolate, ad alto flusso migratorio, in quartiere a rischio o in periferia. Di contro, la valutazione esterna operata dall’Invalsi ha coinvolto in via sperimentale il 5% delle scuole mentre sono stati 6.968 i dirigenti soggetti a valutazione nonostante la rabbia dei presidi.
Infine, non merita alcuna considerazione, sperando in un chiarimento, la notizia secondo cui “a 2.847 docenti è stato assegnato il bonus per la valorizzazione del merito”. Forse manca qualche zero, certamente qualche dato perché significherebbe che neanche i collaboratori dei dirigenti scolastici hanno meritato qualcosa. Ma aspettiamo un’altra relazione.
“È sempre più evidente che della Buona Scuola presentata nel 2014 dall’allora premier Matteo Renzi è rimasto solo il nome – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – : il Rendiconto generale dello Stato approvato dal Senato e del disegno di legge di assestamento di bilancio 2017, basato su dati della Corte dei Conti, chiude il cerchio sulla riforma più contestata della storia delle Repubblica italiana, con tre docenti su quattro palesemente contro la sua attuazione e approvata contro il volere di tutti. Noi lo avevamo detto in tempi non sospetti: la Legge 107 del 2015 va cancellata. Poiché il Governo non ne ha voluto sapere, abbiamo cercato di limitarne i danni, proponendo in Parlamento diverse modifiche. Ma anche in questo caso l’Esecutivo, nel frattempo con a capo l’attuale premier Paolo Gentiloni, ha continuato a tirare dritto”.
“Ora, però, i nodi stanno venendo tutti al pettine. Con lo Stato che rischia di pagare a caro prezzo quelle ingerenze, sotto forma di un servizio formativo pubblico danneggiato e attraverso ingenti risarcimenti ai tanti dipendenti della scuola trattati come ‘pedine’: quelli di ruolo sbattuti a centinaia di chilometri da casa, pur in presenza di posti liberi vicino la loro residenza ma non collocabili perché tenuti furbescamente in organico di fatto; i precari abilitati e con tre anni di anzianità lasciati nelle graduatorie d’istituto senza possibilità di essere stabilizzati, pur in presenza di posti liberi da assegnare; la chiamata diretta rivelatasi un flop, con i dirigenti scolastici che l’hanno ripudiata: una nuova formazione che per decine di migliaia di docenti è un remake di quella già svolta. Ci fermiamo, ma la lista potrebbe essere molto più lunga. Rimangono tanto amaro in bocca e – conclude Pacifico – le tantissime sentenze che hanno dato e stanno continuando a dare ragione ai ricorrenti contro una riforma che non si doveva fare”.