Gli aumenti stanziati nelle ultime due Leggi di Stabilità ed in quella in questi giorni allo studio delle Commissioni di competenza del Senato, il disegno di legge n. 2960, non coprono nemmeno l’indennità di vacanza contrattuale, sottratta illegittimamente da diversi anni ai dipendenti pubblici. Da un’analisi dettagliata della Relazione tecnica annessa al ddl, in rifermento all’articolo 58 incentrato sull’invarianza di spesa, risulta infatti che gli aumenti previsti dal Governo serviranno ad innalzare lo stipendio dei lavoratori statali appena dello 0,38% nel 2016, solo dell’1,09% nell’anno in corso e del 3,48% nel prossimo.
Anche quest’ultimo incremento, ammesso che arrivi per tutti, da applicare dal 1° gennaio 2018, è largamente insufficiente: perché per coprire l’indennità non assegnata nel periodo di mancato rinnovo contrattuale occorre incrementare lo stipendio del 7%, quindi oltre il doppio di quanto previsto dall’Esecutivo. Inoltre, sempre dalla Relazione tecnica al disegno di legge, risulta che gli aumenti riguardano solo i dipendenti pubblici (pari a circa 2 milioni e 700 mila unità) e non l’area dirigenziale, per la quale sono previsti finanziamenti, sempre utili all’incremento di stipendio, attraverso capitoli a parte.
Questo significa che gli 85 euro di aumento stabilito un anno fa sono pari a meno della metà di quello che spetta veramente ai dipendenti pubblici. Ai quali, dunque, andrebbero corrisposti 170 euro medi lordi. Più altrettanti di vero e proprio aumento: perché un rinnovo di contratto non può di certo contenere soltanto la copertura, peraltro dimezzata, della sola indennità di vacanza contrattuale.
“Al personale della pubblica amministrazione – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – andrebbero quindi assegnati 340 euro lordi, pari a circa 200 euro medi netti a lavoratore. Più gli arretrati che vanno conteggiati da settembre 2015, come indicato da una puntuale sentenza della Corte Costituzionale e non, come intende fare il Governo, da gennaio 2016, peraltro attraverso l’assegnazione di una tantum miserevole di 14 euro al mese. Così per quasi due anni e mezzo, gli aumenti effettivi, considerando il quadrimestre 2015 cancellato, saranno inferiori agli 8 euro netti”.
“Ecco perché, a queste condizioni improponibili, è meglio non sottoscrivere alcun contratto e diffidiamo le organizzazioni sindacali rappresentative, che siedono ai tavoli contrattuali, a farlo. Di questo siamo certi, e per tale motivo da mesi riteniamo fondamentale chiedere il parere sulla questione dei dipendenti della scuola, attraverso un apposito referendum”, conclude il rappresentante Anief-Cisal.
Nel frattempo, Anief continua a percorrere tutte le strade possibili e a sua disposizione per opporsi all’ennesima prospettiva a svantaggio dei lavoratori che operano negli istituti scolastici: a breve, presenterà una serie di emendamenti alla Legge di Stabilità, anche sulle assegnazioni dei fondi pubblici, finalizzati ad ancorare da subito gli stipendi al 50 per cento dell’aumento del costo dell’inflazione registrata dal 2008 a partire dal settembre 2015, oltre a prevedere aumenti degni di questo nome. Inoltre, il giovane sindacato insiste nell’invitare il personale a presentare in massa richieste di risarcimento per recuperare il 7% dello stipendio da settembre 2015, come già confermato dalla Consulta. Tutti i dipendenti interessati, possono utilizzare i modelli di diffida per ancorare almeno lo stipendio al 50% della spinta inflattiva, come previsto dall’articolo 36 della Costituzione.