Tari illegittima sulle pertinenze degli immobili. Come chiedere il rimborso

Dal 2014 il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti si paga tramite la Tari, tributo locale diviso in due componenti, una quota fissa legata ai metri quadrati dell’immobile e una variabile, legata al numero di componenti del nucleo familiare. La quota variabile è riferita dunque non all’immobile in sé ma all’utenza comprensiva delle pertinenze (garage, cantina, eccetera), diversamente dalle aliquote Imu che invece considerano l’unità immobiliare intesa in senso catastale. E da qui viene l’errore di calcolo in cui sono incorsi molti comuni che applicano a ogni unità immobiliare sia la quota fissa sia quella variabile, mentre quest’ultima, essendo correlata solo al numero degli occupanti, andrebbe associata all’intera utenza. I comuni quindi hanno applicato la quota variabile più volte, per l’immobile principale e per le pertinenze, anziché computarla una volta sola.

Chi ha diritto al rimborso
La questione riguarda i proprietari di unità immobiliari che abbiano delle pertinenze (cantine, garage, box auto ecc.) e che vivano nei comuni che hanno applicato illegittimamente la Tares, in vigore per il 2013, e la Tari in vigore da 2014. Per verificare se si ha diritto al rimborso di porzione della Tari occorre guardare agli avvisi di pagamento ricevuti. Se sull’avviso di pagamento la quota Tari è dettagliata anche nella componente variabile, va verificato il dettaglio e in particolare se sono state addebitate quote anche per le pertinenze (conteggiate separatamente più volte) allora vi sono le premesse per la richiesta del rimborso. Se invece l’avviso di pagamento non contiene dettaglio, bisognerà procurarsi copia del regolamento comunale sulla Tari, che contiene le modalità di calcolo della quota variabile e “rifare” i conti per verificare se si è pagato più del dovuto.

Come chiedere il rimborso
In caso di pagamenti in eccesso i rimborsi non sono automatici ma vengono effettuati su istanza del cittadino. Occorrerà quindi inviare al Comune (e alla società che gestiva/gestisce il servizio) una istanza di ricalcolo e rimborso, con raccomandata AR chiedendo il ricalcolo del dovuto, lo sgravio degli importi illegittimamente pagati negli ultimi 5 anni e il rimborso di quanto pagato in eccesso oltre spese, interessi e rivalutazione monetaria (indicando l’iban per il riaccredito). Il Comune ha 90 giorni di tempo per rispondere all’istanza e 180 giorni di tempo per la materiale restituzione delle somme.

Cosa fare in caso di diniego o silenzio del Comune Se in Comune emette un provvedimento di diniego, potremo impugnarlo ricorrendo alla Commissione tributaria provinciale (1) entro 60 giorni da quando si riceve questo diniego (prima però occorre vagliare con attenzione le ragioni del diniego). Se invece il Comune non risponde entro 90 giorni – e non paga entro 180 giorni dalla presentazione dell’istanza – potremo impugnarlo ricorrendo sempre alla Commissione tributaria provinciale.

Emmanuela Bertucci, legale Aduc