Negli ultimi anni, gli stipendi dei dipendenti della scuola non hanno perso solo potere di acquisto ma si sono ridotti in media di oltre 2mila euro: scorrendo le tabelle aggiornate del Ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti, si scopre che la media retributiva del personale scolastico è passata dal 2009 a oggi da 30.570 a 28.343 euro. L’Anief lo continua dire da tempo. E ora anche i sindacati maggiori, gli stessi che un anno fa hanno sottoscritto a Palazzo Vidoni un accordo con piena soddisfazione per portare a casa la miseria di 85 euro lordi medi, si ricordano di protestare. Peccato che l’assemblea pubblica di dopodomani a Montecitorio arrivi ad un passo dall’approvazione definitiva della Legge di Stabilità e quindi non può avere alcun effetto.
Sarebbe stato più onesto ammettere che se si è giunti a questo deprecabile decremento stipendiale, che ha fatto sprofondare la scuola ancora di più in fondo alla classifica dei compensi annui della Pubblica Amministrazione, una bella fetta di colpa è anche di quei sindacati di comparto – ovvero Cisl, Uil, Snals e Gilda – che il 4 agosto 2011 sottoscrissero all’Aran, in modo scellerato, un CCNL, convertito con modificazioni nella Legge n. 106 del 12 luglio 2011 e prologo della Legge 128/13 che, in cambio dell’invarianza finanziaria delle assunzioni che si sarebbero effettuate da quel momento in poi, ha rallentato in modo sensibile la progressione stipendiale dei neoassunti cancellandogli il primo gradone stipendiale.
Di fatto, congelando il compenso del neo-assunto sino all’ottavo anno di carriera, per via della scomparsa del passaggio a 3 tre anni, un’alta percentuale degli oltre 256mila docenti immessi in ruolo degli ultimi sei anni si è trovata a percepire il compenso-base per un periodo lunghissimo. Pesando non poco sulla media generale dell’intera categoria. I conti sono presto fatti: nel triennio 2011-2013 furono inizialmente assunti a tempo indeterminato 67mila docenti e Ata; seguirono, nel 2014, altre 18mila assunzioni; poi, con il piano straordinario della Buona Scuola, ne arrivarono altre 87mila (inizialmente dovevano essere 150mila); l’anno successivo, nel 2016, seguirono altre 32mila immissioni in ruolo. E, per finire, le ulteriori 52mila della scorsa estate. Per un totale di oltre 250mila immissioni in ruolo.
“In pratica – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – questo significa che in sei anni il ricambio di un dipendente su quattro dell’intero personale scolastico ha inciso sulla spesa complessiva in modo decisamente favorevole per le casse dello Stato. Anche perché, parallelamente, è stata perpetrata la politica di totale chiusura verso il riconoscimento dei diritti dei precari e degli ultimi assunti. Nei loro confronti, si è continuato ad esempio a non applicare gli scatti di anzianità, innescando una discriminazione rispetto ai colleghi di ruolo non sfuggita però ai tribunali. I quali, grazie ai legali che operano per il nostro sindacato, hanno riabilitato pure lo stesso primo gradone stipendiale, sottratto in modo illegittimo dall’accordo all’Aran dell’estate del 2011. Andando a determinare, con le sentenze dei giudici, dei precedenti favorevoli anche per gli ex precari: il personale di ruolo, rivoltosi all’Anief, ha infatti ottenuto dal tribunale l’annullamento del contratto e il riconoscimento delle vecchie regole”.