Da alcune ore è stata resa pubblica, sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, www.miur.gov.it, la lista delle 100 scuole secondarie di secondo grado ammesse alla sperimentazione dei percorsi quadriennali, secondo quanto previsto dall’Avviso pubblico dello scorso 18 ottobre dal Miur e aperto a indirizzi liceali e tecnici. Le 100 scuole ammesse con il decreto pubblicato oggi sono così distribuite: 44 al Nord, 23 al Centro, 33 al Sud. Si tratta di 75 indirizzi liceali e 25 indirizzi tecnici. Sono 73 le scuole statali, 27 quelle paritarie. Ogni scuola potrà attivare una sola classe sperimentale. In queste scuole superiori, dunque, dal prossimo settembre una sola prima classe svolgerà le medesime ore del quinquennio di corso tradizionale concentrandole su quattro anni.
“A questo punto – scrive La Repubblica – gli studenti che si vorranno imbarcare nell’avventura potranno, già a partire dal prossimo 16 gennaio – quando partiranno le iscrizioni – scegliere una delle cento scuole in cui si sperimenta l’accorciamento del percorso superiore. Agli studenti che faranno questa scelta verrà garantito l’insegnamento di almeno una disciplina non linguistica con metodologia Clil – interamente in lingua straniera – a partire dal terzo anno e la valorizzazione delle attività laboratoriali, oltre che l’utilizzo di tecnologie didattiche innovative”.
“Gli istituti prescelti amplieranno l’offerta con nuove discipline (per esempio: Diritto e Storia dell’Arte, secondo quanto stabilito dalla Buona scuola) e l’alternanza scuola-lavoro si dovrà svolgere prevalentemente durante le vacanze estive e nelle pause pasquali e natalizie. Un tour de force, in classe e a casa, che potranno sopportare solo studenti parecchio motivati. E, in caso di candidature in eccesso rispetto alle 25 per formare una classe, le scuole dovranno indicare anche i criteri per selezionare gli aspiranti diplomati quadriennali”.
La scelta degli istituti è passata attraverso le valutazioni della commissione tecnica predisposta dal Miur: il gruppo di esperti ha verificato quali proposte, passate dal Collegio dei docenti e del Consiglio d’Istituto delle scuole secondarie superiori, contenessero il più elevato livello di innovazione, soprattutto per l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici.
Sull’andamento dei piani di studio, sono previste valutazioni in itinere: “un Comitato scientifico nazionale – ha scritto Orizzonte Scuola – valuterà l’andamento nazionale del Piano di innovazione e predisporrà annualmente una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale”.
Prende quindi ufficialmente il via la nuova sperimentazione, avallata dalla Ministra Valeria Fedeli e finalizzata a rilasciare il titolo di studio della secondaria superiore a 18 anni. Sull’iniziativa, sono ad oggi limitata a 12 istituti, il sindacato continua ad avere più di una perplessità: l’operazione, infatti, potrebbe sottintendere l’obiettivo di tagliare un anno di corso di studio e cancellare, una volta a regime, circa 30mila cattedre e anche delle unità di personale Ata. Qualora, invece, si voglia solo permettere agli studenti di anticipare di 12 mesi l’uscita dal percorso formativo, allora viene da chiedersi perché non si decide di anticipare la primaria a cinque anni di età, creando un anno cosiddetto “ponte” con maestri di infanzia e primaria in copresenza: si tratta di una modalità che permetterebbe infatti anche di dare un adeguato supporto agli alunni nell’anno più difficile del loro percorso scolastico. Ancora di più oggi, dopo l’approvazione della Legge 107/2015, che le classi “Primavera” sono diventate ordinamentali a 3 anni.
Senza contare che anticipando la scuola a cinque anni si risolverebbe il problema dei maestri della scuola dell’infanzia estromessi dall’ultima riforma 0-6 anni prevista dalla Legge 107/2015 e rimasti intrappolati, ad oggi senza prospettive di stabilizzazione, nelle varie graduatorie. Ma l’aspetto che forse più non quadra è quello dell’obbligo scolastico che rimarrebbe infatti intatto fino al 16 anno di età, contrariamente a quanto originariamente previsto dal ministro Berlinguer.
“Stando così cose – osserva Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – viene da chiedersi a cosa serva diplomarsi prima, se poi il tasso di dispersione scolastica rimane elevato e le iscrizioni all’università sono drasticamente diminuite negli ultimi dieci anni. Se vogliamo davvero adeguarci all’Europa, dove comunque solo alcuni Paesi fanno uscire i loro studenti dalla scuola pubblica in coincidenza della maggiore età, perché allora si continuano ad ignorare le indicazioni della stessa Unione Europea sulla non discriminazione del personale precario? Ci sono sentenze esemplari che ribadiscono la tesi dell’equiparazione del personale, su più fronti, ad iniziare da quello stipendiale e sulla stabilizzazione. Eppure non vengono prese in considerazione”.
“Lo stesso vale per gli stipendi dei docenti italiani rispetto a quelli dei colleghi europei che ora il Governo vuole incrementare con aumenti miseria. Per non parlare delle ore di lavoro settimanali di lezione dei docenti in Europa, mediamente più basse di quelle svolte dai nostri. Al nuovo Governo, spetterà fornire un’adeguata risposta: capire se la strada da percorrere è quella delle sperimentazioni che non portano lontano oppure – conclude Pacifico – rispettare finalmente le buone norme approvate da Bruxelles”.