Anaao Giovani esprime profonda preoccupazione e disappunto per la proposta, lanciata in campagna elettorale da autorevoli esponenti politici, di abolire il numero chiuso per l’accesso ai corsi di studio universitari.
Per quello che riguarda il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, infatti, una corretta programmazione del fabbisogno presente e futuro di medici e personale sanitario è fondamentale per la sostenibilità del SSN, anche a garanzia di tanti giovani meritevoli e delle loro famiglie che hanno investito tempo, fatica, e denaro, per conseguire il titolo di medico.
Un test di accesso trasparente e, per quanto possibile, oggettivo mette sullo stesso piano di partenza giovani provenienti da famiglie di differenti ceti sociali, evitando quel sistema di “favoritismi” cui il nostro paese è abituato in assenza di un’adeguata selezione. Senza dimenticare che il tasso di laurea nel Corso di Studi in Medicina e Chirurgia è il più alto tra i vari corsi universitari italiani (90% dei laureati) e tende all’incremento costante, poiché il test d’ingresso riesce a selezionare i giovani realmente motivati alla attività professionale di medico.
L’accesso programmato al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia rappresenta un valore fondamentale da preservare per garantire un’adeguata formazione durante il percorso di studi, così come previsto dalla normativa europea, e non andare incontro al tragico fenomeno della pletora medica, proprio del passato precedente l’introduzione del numero programmato. Aprire in maniera incondizionata l’accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia significherebbe condannare un’intera generazione di giovani medici alla disoccupazione, dopo aver affrontato un percorso di studi lungo e complesso. Intrappolati in un imbuto formativo, ovvero un divario crescente tra numero di medici laureati e numero di medici ammessi al percorso di formazione post-lauream per ottenere il titolo specialistico, che li lascia formati a metà precludendo loro uno sbocco occupazionale all’interno del SSN.
Quest’anno, per 14.435 partecipanti al Concorso per accedere alle Scuole di specializzazione mediche erano poco più di 6.600 i posti messi a disposizione da Stato e Regioni, lasciando pertanto fuori dai percorsi formativi, e quindi dall’accesso al lavoro, più del 50% dei giovani medici.
L’ipotesi di abolizione del numero chiuso renderebbe ancora più stretto questo imbuto, creando una vera e propria pletora di medici abilitati, ma non specializzati, che non potrebbero esercitare la professione per la quale sono stati formati con enorme impiego di risorse da parte sia delle loro famiglie che dello Stato Italiano. Destinati a sfogliare la margherita tra disoccupazione ed emigrazione.
La formazione post laurea dei medici ha bisogno di una riforma vera e non di DEMAGOGIA.