Anche la Svizzera, dopo Italia, Regno Unito, Germania, Paesi scandinavi, Belgio, Spagna e Francia (quest’ultima dal prossimo mese di maggio), ha deciso di adeguare il calcolo del proprio Prodotto Interno Lordo (PIL) includendovi attivita’ illegali come l’esercizio della prostituzione e il commercio di stupefacenti.
Le Nazioni Unite da una parte, l’Unione Europea dall’altra, sono stati da tempo chiari in merito: questi dati vanno inclusi. In Ue, in particolare, per non creare diseguaglianze nell’immagine della produttivita’ dei singoli Paesi, visto che nei Paesi Bassi alcune droghe sono legali e costituiscono a tutti gli effetti un’attivita’ economica come qualunque altra.
Una valutazione che viene fatta di sovente in materia è che di fronte a questo indice di crescita (il PIL) che include queste attivita’ illegali, si potrebbe pensare che più uno Stato é criminale, più il suo PIL a livello internazionale e’ considerato buono. Ma noi vogliamo andare oltre.
Non sappiamo se Paesi produttori di droghe il cui mercato e’ quasi del tutto al di fuori dei loro confini nazionali (come -per citare solo i piu’ “importanti”- Messico, Colombia, Perù, Bolivia, Afghanistan, Marocco, Libano, Thailandia -Triangolo d’Oro-, Albania) abbiano ottemperato alle indicazioni dell’Onu, ma non ci sembra che siano Paesi che se la passino bene per la loro produzione e relativo risvolto sul benessere che il PIL dovrebbe indicare.
Questa storia del PIL che include le attivita’ illegali ci sembra piu’ una questione di Paesi altrimenti (rispetto alle attivita’ illegali) ricchi. Quasi una sorta di considerazione precisa delle proprie economie che non debba eludere nulla per dimostrare -nel bene e nel male- a se stessi e al mondo intero che sono comunque dei bravi produttori. Per capire meglio la portata di quanto scriviamo, si consideri che per alcuni di questi Paesi, nel calcolo del PIL, includono anche il calcolo del contrabbando (una sorta di contraddizione in termini).
Per comprendere il significato di questa inclusione, facciamo un esempio nell’ambito sicurezza e criminalita’. Si sa che in tutto il mondo, i reati che vengono commessi sono molti di piu’ di quelli che vengono poi denunciati. C’e’ forse un qualche indice (a parte quelli delle percezioni) che include quelli non denunciati per meglio far comprendere il livello di sicurezza e criminalita’ dello specifico Paese? Non ci risulta, se non nei discorsi di qualche politico. E se venisse fatto avremmo da avere brividi sulla schiena di notevole intensita’ nel considerare la qualita’ della nostra vita. Ma questi dati non vengono “raccolti” essenzialmente perché sarebbero aleatori, e quindi e’ meglio evitarli.
Perche’ questa aleatorietà dei dati sulla giustizia non viene considerata tale anche per l’economia? Probabilmente perche’ mentre per la Sicurezza viene valutata l’esistenza di una sorta di anima che tocca i nervi supersensibili dell’individuo, non e’ altrettanto per l’economia. E’ sentito dire e pensare (soprattutto da parte di chi vuole che l’economia resti una materia per gli addetti ai lavori, i cui numeri sciorinati devono sempre essere considerati frutto di esperti) che l’economia non ha un’anima, è piatta. Ed ecco quindi che in economia ci si azzarda e non in Sicurezza. A parte gli addetti ai lavori, chi vuoi che vada a ridire qualcosa sul PIL? E poi, a chi fa parte della categoria di chi non si appassiona ai componenti del PIL, cosa cambierebbe nella propria vita se ne fosse consapevole? Nulla. Altro, invece, accadrebbe nella propria vita quotidiana, familiare ed individuale, a fronte di una consapevolezza dell’alto livello di mancanza di Sicurezza; soprattutto in considerazione del fatto che buona parte delle politiche in atto e proposte non sembrano efficaci, e non solo perche’ magari devono rispettare i presupposti base dello Stato di diritto (non e’ che dove mancano o sono debolissimi questi ultimi presupposti la situazione sia migliore, anzi).
Fatto questo quadro analitico, una conclusione a breve viene in evidenza: la débacle dello Stato. Non potendo/volendo lo Stato levare dall’illegalita’ certe economie di diffuso e largo uso e consumo (prostituzione e, soprattutto, stupefacenti), invece di porsi e risolvere il problema di come uscire da questa brutta e dannosa situazione, cosa fa? Cerca di sfruttarla a proprio uso e consumo. E applica le regole della legalita’ li’ dove proprio l’esistenza in se’ di quelle economie e’ tale perche’ non e’ legale. Una contraddizione che non giova a nessuno: al calcolo in se’ e, soprattutto, alla considerazione di queste illegalita’ che entrano come tali nel nostro quotidiano legale, e portano -alla fine e durante- alla compromissione di tutto l’assetto economico legale, teorico e reale: con l’assuefazione, l’abitudine, la convivenza col marcio.
Tutto questo per dire che -ONU quanto Ue- farebbero molto meglio ad andare alle radici dei problemi, non solo a prendere atto delle economie illegali e cercare di farle diventare parte del fiore all’occhiello della produttivita’ degli Stati. Se si va tanto a puttane, o se aumenta tanto il consumo di droghe illegali, forse e’ perche’ alcuni/tanti lo vogliono, e le cosiddette riprovazioni morali, se guardate scevri da ideologismi, sono solo forme di manifestazione di potere e controllo di comportamenti individuali liberatori (anche se non per tutti). E quindi, invece di lasciare queste economie a se stesse (leggi: regalarle alla criminalita’ internazionale e alla piccola criminalita’ urbana -come nel caso delle spaccio di droghe-, con tutte le tragiche conseguenze umane, sociali ed economiche che ne derivano), usando le proprie autorevolezze solo per raccogliere dati, perche’ -alla radice del problema per l’appunto- non si danno dritte per la legalizzazione? Certo -di piu’ per la prostituzione e molto meno per gli stupefacenti- la situazione non e’ tutta bianca e nera, soprattutto (prostituzione) nei Paesi del Nord Europa rispetto a quelli del Sud. Per le droghe, poi, sono in corso -a macchia di leopardo- diversi esperimenti con dati positivi che dovrebbero indurre piu’ che una riflessione e spingere all’azione. Ma siamo ancora in alto mare. Talmente alto che -ribadiamo- l’inclusione e basta dei dati dell’economia di prostituzione e stupefacenti nel PIL, corre l’alto rischio di portare ad un’assuefazione, soprattutto da parte istituzionale che, con questa raccolta, potrebbe sentirsi quasi a posto nell’aver fatto il proprio dovere….
Vincenzo Donvito, presidente Aduc