È lecito chiedere di verificare destinazioni ed entità dei fondi del merito professionale – pari a 200 milioni euro annui, previsti dalla Buona Scuola – assegnati annualmente dal dirigente scolastico, in media ad un insegnante ogni tre sulla base dei criteri stabiliti da ogni singolo istituto: a stabilirlo, sovvertendo quanto ci è stato detto dall’amministrazione nell’ultimo biennio a seguito dell’approvazione della riforma, la Legge 107/2015, è stata la Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che si è in questo modo espressa dopo avere esaminato un ricorso relativo all’accesso agli atti riguardanti l’attribuzione del bonus ai docenti meritevoli.
La Commissione ha esaminato l’impugnazione avanzata da un docente, escluso dal bonus, che aveva chiesto al dirigente scolastico di accedere sia ai nominativi dei docenti premiati, attività da loro svolte e importo del bonus per ogni voce, sia alla copia della documentazione riportante i criteri adottati nell’escludere il ricorrente ed eventualmente alcuni docenti, con le relative motivazioni. L’organismo di verifica ha quindi spiegato che “il diniego di accesso agli atti sarebbe potuto avvenire, qualora i dati riguardanti il bonus avessero riguardato la vita privata o la riservatezza delle persone coinvolte”. Ma non è questo il contesto.
Nell’argomentare la risposta, la Commissione ha spiegato che “il procedimento di attribuzione del bonus è fondato su una valutazione di merito comparativo dell’impegno dei docenti e quindi su una procedura in pratica selettiva, assimilabile alle procedure concorsuali. Pertanto, come già affermato dalla giurisprudenza amministrativa e dalla stessa Commissione in materia di concorsi, la partecipazione alla procedura rende, ex sé, accessibili le determinazioni adottate dall’Amministrazione nei confronti degli altri partecipanti”.
Premesso ciò, la Commissione ha affermato il diritto del docente ad accedere a tutta la documentazione richiesta, ai sensi della legge n. 241/90, che così recita: “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”. Diversamente, si potrebbe venire a configurare anche il reato che consegue alla negazione di accesso agli atti pubblici.
“Questo significa – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – che sulle scelte prese dal dirigente scolastico e sulle cifre assegnate agli insegnanti beneficiari, non si possono ignorare il rispetto dei principi della trasparenza, della ragionevolezza e dell’accesso agli atti di ogni interessato. Il nostro sindacato metterà a disposizione le proprie RSA, non appena divenute rappresentative, e invita fin d’ora le RSU a vigilare sulla corretta assegnazione della quota del bonus riservata alle scuole”.
“Tra l’altro – continua Pacifico – nell’anno in corso i compensi da assegnare alle scuole saranno ridotti, perché una parte del ‘bonus merito’ dovrà essere destinata agli aumenti stipendiali, altrimenti non coperti fino agli 85 euro lordi invece assicurati agli altri comparti pubblici”: a questo proposito, va ricordato che l’importo disponibile per il bonus, con la stipula del contratto collettivo nazionale in via di approvazione definitiva, passa da 200 milioni annui a 160 milioni a regime (130 milioni solo nel 2018), pari all’80% di quanto riconosciuto sino ad oggi. Con il bonus “merito” che andrà così a disperdersi nella retribuzione professionale di tutti docenti, precari compresi.
“II tutto – conclude il sindacalista Anief-Cisal – avviene in ossequio al pessimo epilogo sulla contrattazione, raggiunto dai sindacati Confederali per la valorizzazione del personale, che applica la riforma dell’ex ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta in cambio di aumenti netti di 4,50 euro a lavoratore: una miseria che si commenta praticamente da sola”.