“Un vero e proprio agguato, meticolosamente pianificato, organizzato ed attuato con tecniche di tipo “militare”. Appariva in dubbio che gli attentatori avessero agito non al fine di compiere un semplice atto intimidatorio e/o dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere” – lo scrivono i magistrati della DDA di Messina nel dispositivo di questi giorni.
Dalle carte di indagine viene fuori tutta l’intera e agghiacciante vicenda che lascia sgomenti e smarriti al solo pensiero che la mafia, per difendere i propri introiti milionari dai fondi europei, riprendesse, dopo le stragi, a sparare a un uomo delle Istituzioni.
“I killer del commando mafioso – scrivono ancora i Magistrati – avevano ostruito le carreggiate con massi al fine di costringere l’autovettura a rallentare l’andatura; subito dopo avevano sparato all’indirizzo del mezzo blindato, attingendolo nella sua parte inferiore, nella immediata vicinanza della gomma posteriore sinistra, e ciò al probabile fine di bloccare la corsa del mezzo”.
Ed ancora – “al contempo, la presenza delle bottiglie molotov induceva a ritenere come gli attentatori, una volta bloccata l’autovettura blindata, volessero incendiare quel mezzo e così costringere i suoi occupanti a scendere da ess, in modo che questi ultimi non potessero più beneficiare della protezione del veicolo blindato”.
Ed ancora si legge dal dispositivo dei magistrati – i malviventi evidentemente, erano ben consapevoli del fatto che le armi da fuoco di cui disponevano, fucili caricati a pallettoni, avrebbero potuto bloccare l’autovettura, ma non certo sfondare direttamente la blindata del mezzo e dunque attingere al Presidente Antoci”.
Ed infine la causa e il movente dell’agguato: per i Magistrati è assolutamente chiara, gli stessi scrivono: “sin dall’inizio le indagini si indirizzavano sulle penetranti azioni di controllo e repressione delle frodi comunitarie nel settore agricolo-pastorale, da tempo avviate da Antoci”.
“In questi giorni – dichiara Antoci – sto rivivendo quanto accaduto quella notte. Oggi la magistratura, che ringrazio sempre per gli sforzi che sta facendo, definisce azioni e contorni, modalità e moventi. Spero presto che questa gente paghi per quello che ha fatto, paghi per aver cambiato la mia vita per sempre, paghi per aver reso quella notte una cicatrice indelebile nella mia mente ma soprattutto nel mio cuore. Purtroppo un pezzo di esso me lo hanno portato via”..
In ultimo – continua Antoci –, oggi che gli atti sono stati depositati posso ringraziare di cuore anche un bravo Sindaco dei nostri amati Nebrodi, è anche grazie a lui e alle sue preoccupazioni di quella sera che io oggi sono vivo, è grazie anche lui che il Vice Questore Manganaro non si fermò ancora altro tempo a Cesarò quella sera e, intuendo il potenziale pericolo, decise di correre e cercare di raggiungermi. Un grazie anche al Questore Cucchiara che non mi lasciava mai senza auto blindata e che diceva sempre a Manganaro “non lasciare mai solo Antoci”. Beh se non ci fossero stati anche loro, oggi qualcuno, io non di certo, avrebbe raccontato un’altra storia – conclude Antoci.