«La Corte dei Conti, nella sua dettagliata memoria sulla revisione del Piano Nazionale di Resilienza, ha messo a nudo le lacune del progetto di rimodulazione della missione Salute del PNRR attuato dal Governo (definito appunto decreto PNRR), dando, di fatto, peso alle denunce delle Regioni.
Gli esponenti dell’esecutivo, in primis il Ministro Fitto, hanno respinto al mittente le accuse, ma per noi, come sindacato delle professioni sanitarie, è doveroso raccontare alla collettività quello che potrebbe essere un nuovo reale campanello d’allarme sull’esiguità delle risorse messe a disposizione del nostro sistema sanitario.
Il report della Corte dei Conti, del quale non vi sono motivi di dubitare , potrebbe davvero aprire la strada a scenari, non osiamo immaginarlo, ancor peggiori di quello attuale».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
La revisione del PNRR non va giù agli enti locali. I Comuni si erano detti soddisfatti del decreto sui rifinanziamenti, ma ora le Regioni vanno all’attacco sui tagli alla sanità che toglierebbero loro 1,2 miliardi di euro.
All’audizione sul decreto alla Camera le Regioni si sono presentate agguerrite chiedendo di stralciare l’articolo 1 che “cancella risorse già assegnate alle Regioni da fondi PNC (Piano nazionale per gli investimenti complementari) per circa 1,2 miliardi di euro”, secondo il coordinatore della commissione sanità della Conferenza delle Regioni, Raffaele Donini.
Sarebbero “investimenti che sono già cantieri” e gare assegnate “che necessitano di liquidità“. La soluzione sostitutiva individuata dal governo è di fatto “inesistente”. Si tratta del cosiddetto ‘ex articolo 20‘, il fondo dedicato all’edilizia ospedaliera creato alla fine degli anni Ottanta, che nelle intenzioni del Governo dovrebbe andare a finanziare il progetto ‘ospedale sicuro’ uscito dal PNRR dopo la revisione. Ma per le Regioni questi fondi non bastano.
«Da parte nostra vogliamo vederci chiaro, dice De Palma. Rischiamo, infatti, di trovarci di fronte a un nuovo imponente definanziamento del nostro sistema sanitario.
Se nel 2010 la spesa sanitaria pubblica pro-capite era pari alla media dei Paesi europei, nel 2022 abbiamo raggiunto un GAP di oltre 830 euro a testa, ovvero circa 48 miliardi.
Questo aspetto è stato ammortizzato soprattutto dal capitale umano. Infatti, la persistenza del tetto di spesa rispetto al personale sanitario fissato nel 2004 ha prima ridotto la quantità di medici e soprattutto di infermieri, poi naturalmente li ha progressivamente demotivati. Inoltre a gravare è, a quanto pare, anche la lentezza con cui vengono spesi i fondi per la ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico, e con la rimodulazione prevista dal Governo, la riorganizzazione dei servizi territoriali prevista dal PNRR è stata fortemente ridimensionata .
Il nostro timore reale non è quindi solo legato alla mancanza di fondi destinati a quello che è il fondamentale capitolo della ristrutturazione edilizia degli ospedali, ma soprattutto non vorremmo che l’insieme di tanti elementi negativi ricada alla fine, nuovamente, sulla già precaria stabilità economica dei professionisti della salute.
Parliamoci chiaro, la nostra sanità in questo momento storico, più che mai, rappresenta un malato, claudicante, che cammina con una gamba sola. Ebbene questa gamba sola sono i professionisti sanitari che sono stanchi e vessati. La gamba potrebbe cedere, e continuano a essere in tanti coloro che cominciano a immaginare il proprio futuro lontano dal sistema sanitario italiano!
Insomma, gli infermieri e gli altri professionisti del comparto sono delusi e arrabbiati.
E cosa succederà ora che Schillaci promette da un lato l’abbattimento delle liste di attesa e dall’altro la cancellazione dei tetti di spesa?
Ci riesce sempre più difficile pensare che i fondi ci siano realmente, e che soprattutto ci sarà il tanto promesso piano di assunzioni che serve per far ripartire inevitabilmente il nostro sistema sanitario», chiosa De Palma.