Slow Food Italia accoglie con favore l’avvio di un percorso istituzionale sul tema del superamento dell’allevamento industriale e intensivo, un modello dal forte impatto ambientale che anche in questi giorni, se ancora ve ne fosse bisogno, sta rivelando tutta la propria insostenibilità, come testimoniato dai dati sulla qualità dell’aria in pianura Padana.
L’allevamento industriale produce inquinamento: prova ne è il particolato PM10 le cui concentrazioni, come sottolineato dall’Agenzia per la protezione ambientale (Arpa) del Piemonte, sono influenzate dalle “pratiche agricole sia direttamente, attraverso l’emissione di particolato PM10 primario, sia indirettamente con l’emissione di precursori del particolato secondario”, in particolare per via delle emissioni di ammoniaca. L’allevamento industriale è causa anche di antibiotico resistenza, per via dei farmaci somministrati ad animali che vivono le proprie esistenze rinchiusi in spazi angusti, che amplificano il rischio di sviluppo di zoonosi. E, soprattutto, l’allevamento industriale ha creato una netta separazione tra gli animali e l’ambiente, snaturando un rapporto non solo eticamente valido, perché maggiormente rispondente ai loro bisogni, ma anche efficace sotto il profilo agricolo.
Per tutte queste ragioni, che l’associazione da anni promuove concretamente attraverso progetti come i Presìdi Slow Food e iniziative educative e formative per giovani e adulti, Slow Food Italia ribadisce l’urgenza di affrontare il tema degli allevamenti industriali ed intensivi, promuovendo una dialettica propositiva con l’opinione pubblica e un dialogo aperto e onesto con le realtà produttive, anche grazie a iniziative come la proposta di legge Oltre gli allevamenti intensivi presentata questa mattina da Greenpeace Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Lipu, Terra! e WWF Italia.