Il maxiemendamento del Governo alla legge di bilancio non ha dimenticato niente e nessuno, denuncia l’Anaao Assomed, se non i medici e i dirigenti sanitari pubblici e le loro condizioni di lavoro che diventano, ogni giorno che passa, sempre più insopportabili, da un punto di vista umano e professionale, con turni massacranti fino alla morte, come accaduto ieri a Bari.
Nella solita serie di emendamenti a pioggia, dai tavolini gratis al bonus villette fino agli specializzandi per le cliniche private, non c’è traccia di provvedimenti volti a rispondere al grido di dolore che alimenta fughe di massa dagli ospedali, da Firenze a Nuoro, o a intervenire su organici drammaticamente ridotti al lumicino, al punto da mettere a rischio la capacità stessa del sistema sanitario di resistere alla nuova ondata. E questo mentre il Paese fa i conti con l’incremento di contagi e di occupazione di posti letto in area medica ed in terapia intensiva, in attesa dello sconquasso ipotizzato per l’arrivo della variante omicron.
A giudizio dell’Anaao, la insufficiente attenzione verso queste problematiche equivale a non vedere le criticità della sanità pubblica, ad esse strettamente intrecciate. Non serviranno lacrime di coccodrillo, o tardivi allarmi sulla “tragedia” rappresentata dalla carenza di medici. Servono, ora, fatti, cioè maggiori retribuzioni, riduzione di tempi e ritmi di lavoro, aumento del personale occupato, coinvolgimento nella governance dei processi clinici, fine della attesa infinita di un CCNL scaduto prima della firma. Servono, in sostanza, interventi giuridici ed economici.
Altrimenti, i medici potrebbero considerare non pessima la alternativa di lasciare ospedali e ambulatori dicendo basta ai turni eccessivi, basta al lavoro oltre l’orario contrattualmente dovuto, basta a fare in tre il lavoro di sei. E, finalmente, godersi 5 milioni di giornate di ferie accumulate, recuperare 10 milioni di ore di straordinario arretrate, passare più tempo con le proprie famiglie, stare a casa per la cena della vigilia di Natale, il pranzo di Natale e anche di S. Stefano. Senza farsi mancare veglione di Capodanno e Befana. Concedersi, insomma, quello che tutto insieme non si sono mai concessi. Se per avere attenzione e rispetto dalla politica occorre fare come altre categorie hanno fatto, i medici ospedalieri sono pronti a dire basta ai tanti e troppi che vivono, e fanno carriera, sul loro lavoro, premiati per di più, nonostante gli errori.
Se i Pronto Soccorso rischiano di chiudere per carenza di specialisti, come drammaticamente denunciano inascoltati Anaao e Simeu, non si può pensare di tappare il buco ricorrendo ai medici neo laureati o a cooperative che non garantiscono la competenza del proprio personale nè il rispetto della normativa sulla sicurezza. Se lo stesso avviene in tutti i reparti, non si può rispondere con una alzata di spalle o con l’italico ARRANGIATEVI. Perché a un certo punto ARRANGIATEVI potrebbero dirlo i medici pubblici, invitando cittadini e politici a cercare altrove chi li cura, magari con la carta di credito in mano.
Se questo Paese ha deciso che dei medici può fare a meno, l’Anaao se ne farà una ragione. Non così i cittadini che, piaccia o non piaccia, a essi chiedono, anche dopo la fine della retorica degli angeli e degli eroi, di fare la differenza tra salute e malattia e, spesso, tra vita e morte. Anche in una ondata pandemica il cui contrasto è oggi affidato a risorse sulla carta invece che ad un esercito armato.
Medici e dirigenti sanitari pubblici sono sfiniti e demoralizzati, sottopagati e in pieno esaurimento fisico e psicologico, ma rimangono ancora in prima linea a fornire una chance di sopravvivenza alle persone che a loro si rivolgono. Non più eroi ma vittime, della mancanza di coraggio e della perdita di memoria della politica, che continua a ignorare la gravità della situazione. Da troppo tempo si sta seminando vento da più parti. Ora la tempesta perfetta è pronta.