La proposta del Presidente della Conferenza dei Rettori di aumentare del 50% il numero degli accessi alle Facoltà di Medicina, accompagnata ovviamente da una quantificazione degli introiti delle tasse per le Università, è francamente inaccettabile, soprattutto a fronte del collo di bottiglia che chiude l’accesso dei laureati alla specializzazione, commenta il Segretario Nazionale dell’Anaao Assomed, Carlo Palermo.
“La motivazione è ovviamente la solita: la carenza del numero dei medici per la sanità italiana.
Innanzitutto facciamo chiarezza. In ITALIA non mancano i medici, in quanto laureati in Medicina e Chirurgia, ma i medici specialisti, cioè forniti del titolo necessario per l’accesso al mondo del lavoro. Tanto è vero che nell’imbuto formativo sono rimasti intrappolati quest’anno 9.000 medici, laureati e abilitati, ma impossibilitati a lavorare nel Servizio Sanitario Nazionale e anche nel settore privato. In bilico tra sottooccupazione ed emigrazione. Novemila giovani medici destinati a raddoppiare nei prossimi 5 anni, visto l’accesso alla laurea di altri 10.000 medici, vincitori non di un concorso, ma di un ricorso al TAR tra il 2013 e 2015”.
“Occorre immaginare – propone Palermo – soluzioni eccezionali per l’attuale carenza di specialisti, quali l’ammissione, opportunamente incentivata, alle selezioni concorsuali degli specializzandi dell’ultimo anno.
Ma soprattutto serve, per rispondere ad una emergenza nazionale, un cambiamento radicale del sistema formativo, che preveda un percorso lineare dalla immatricolazione alla specializzazione ed al lavoro, sul modello europeo.
Ed un miglioramento concreto delle condizioni di lavoro, compresi i livelli retributivi e quelli di sicurezza, per evitare la fuga dagli ospedali di medici già occupati. Insomma, se un numero chiuso deve saltare è quello dell’accesso alla formazione specialistica”.
“Allargare l’ingresso alla Facoltà di Medicina mantenendo stretto il collo di bottiglia dell’accesso alle specializzazioni – conclude Palermo – rischia invece di seppellire definitivamente il Servizio Sanitario Nazionale sotto il paradosso di una pletora di medici, destinati alla precarietà se non alla disoccupazione o all’emigrazione, che convive con una carenza di specialisti per il Servizio Sanitario Nazionale. Non sarebbe nemmeno demagogia, ma tafazzismo”.