Dopo 40 anni dalla sua istituzione, il Ssn versa in pessima salute, e la prognosi rimane riservata.Una strategia complessiva di ridimensionamento dell’intervento pubblico, e del ruolo e del numero dei Medici, produce un peggioramento senza precedenti delle loro condizioni di lavoro, fino a spingerli alla fuga dagli ospedali.
Illustre Presidente del Consiglio, illustri Ministri,
un tema centrale con il quale qualsiasi governo si deve confrontare, è lo stato del Ssn e dell’infrastruttura sociale e professionale, di cui sono parte importante i Medici ed i Dirigenti sanitari, deputata a garantire l’esigibilità del diritto alla salute dei cittadini. Di fronte alle sfide epocali che stiamo vivendo (aumento dell’anzianità della popolazione, delle malattie croniche e della non autosufficienza, bassa natalità, accesso ai nuovi e costosi farmaci e dispositivi medici, crescita delle diseguaglianze con frattura netta tra Nord e Sud, tra aree interne e fasce costiere) la Sanità pubblica è in involuzione recessiva, espulsa dal radar della politica e dall’agenda dei Governi, se non come puro costo da abbattere, lusso che non ci potremmo permettere. Le Aziende sanitarie, esposte alla invadenza pervasiva della politica, si illudono di risparmiare tagliando i diritti dei cittadini e quelli dei professionisti, tagliando dove è più facile non dove è più utile.
Dopo 40 anni dalla sua istituzione, il Ssn versa in pessima salute, e la prognosi rimane riservata.Una strategia complessiva di ridimensionamento dell’intervento pubblico, e del ruolo e del numero dei Medici, produce un peggioramento senza precedenti delle loro condizioni di lavoro, fino a spingerli alla fuga dagli ospedali, e rende sempre più difficile ed ineguale l’accesso dei cittadini ai servizi. Il diritto alla salute, riconosciuto come fondamentale dalla Costituzione, viene declinato in 21 modi diversi e nelle Regioni del mezzogiorno i cittadini presentano minore aspettativa di vita e maggiore mortalità evitabile rispetto a quelli che vivono nel Centro-Nord del Paese. Ma coesione sociale e salute dei cittadini non possono dipendere dal luogo in cui ci si trova a vivere e dalle condizioni di lavoro degli operatori.
Noi Medici rappresentiamo il capitale umano in Sanità, la risorsa più preziosa e non sostituibile nella sua relazione di cura con il paziente. Un capitale che, però, va sempre più depauperandosi, da un punto di vista quantitativo e qualitativo, fino ad essere appena sufficiente a mantenere le attività di base e le (continue) emergenze. Se il sistema sanitario ancora regge, dopo che ne sono usciti, non sostituiti, migliaia tra Medici e dirigenti sanitari, e se il fondamentale diritto alla salute è ancora esigibile senza carta di credito, è solo perché chi è rimasto in corsia continua a dar prova di grande senso del dovere. Medici e dirigenti sanitari in prima linea, tutti i giorni e tutte le notti, fanno fronte con risorse taglieggiate ad una domanda di salute crescente e complessa, esposti alla delegittimazione sociale ed a rischi, anche di aggressione fisica, sempre meno sostenibili. Malgrado stipendi inchiodati al valore nominale del 2010, grazie al blocco dei contratti di lavoro che perdura, solo per noi, da 9 anni. Dopo le “cure” degli ultimi governi il capitale umano nel Sistema Sanitario oggi vale quanto le azioni della Lehman Brothers dopo il 15 settembre 2008.
Non si salvano da questa deriva neppure le “risorse fresche”. La formazione medica è assurta a vera emergenza nazionale, per quantità e qualità, ed i giovani medici rimangono per anni in uno stato di sotto-occupazione o di precariato, professionale ed esistenziale, una condizione di disagio nel presente e di incertezza sul futuro che li spinge a cambiare Paese. Un regalo da 150.000 euro di investimento formativo ai Paesi vicini per ogni medico che lascia (solitamente per sempre) il suolo natìo. Una fuga sestuplicata negli ultimi 5 anni. Si sta diffondendo, specie al Sud, una assistenza precaria in una sanità provvisoria, garantita da giovani che rischiano la perdita di tutti gli entusiasmi.
La sanità può contribuire a cambiare l’Italia, rappresentando anche un formidabile volano per l’economia, visto che la filiera della salute vale 11 punti di PIL. A condizione di restituire valore al lavoro sempre più gravoso e rischioso, di chi, come noi, tiene aperti i cancelli della “fabbrica” tutti i giorni e tutte le notti dell’anno. Facendo la differenza tra la vita e la morte, la salute e la malattia grazie alle conoscenze e alle competenze acquisite in un percorso formativo di lunghezza e complessità senza pari.
Al Governo del cambiamento chiediamo di rilanciare il ruolo del Ssn, una preziosa infrastruttura sociale, civile e professionale del nostro Paese, preservarne l’universalismo e la sicurezza delle cure, arrestare la crescita delle diseguaglianze ricostruendo una sanità a pezzi. Il che certo richiede di rafforzare il finanziamento della sanità pubblica, che non è un pozzo senza fondo ma il secondo miracolo economico italiano grazie al migliore rapporto in Europa tra costi e risultati, ma anche ri-capitalizzare il lavoro che ne è valore fondante, e sostenere le professionalità per cambiare i modelli organizzativi, garantire l’appropriatezza delle prestazioni, ridurre gli eventi avversi, migliorare gli esiti delle cure, controllare i costi.
Per un nuovo Patto con le professioni della sanità, si cominci a dare ascolto a chi, come i Medici ed i Dirigenti sanitari del SSN, reclama semplicemente il diritto a curare con la dignità, l’autonomia e la responsabilità che derivano dal ruolo di garanzia esercitato nei confronti delle persone che si rivolgono a loro in momenti delicati della esistenza.
Costantino Troise
Segretario Nazionale Anaao Assomed (Associazione Medici Dirigenti)