“La richiesta di autonomia differenziata avanzata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna nell’ambito della sanità – afferma Carlo Palermo, Segretario Nazionale Anaao Assomed – rischia di spezzare definitivamente uno dei fili verticali che tengono insieme il nostro Paese e sostengono il senso di comunità nazionale”.
“Il processo di federalismo in ambito sanitario ha prodotto in questi anni profonde diseguaglianze, sia in termini di accesso alle cure che in termini di esiti. I viaggi della speranza dei cittadini del sud verso gli ospedali del nord per la cura di patologie che mettono a rischio la qualità e la durata della loro vita, spostano ogni anno più di 4 miliardi di euro rappresentando un esempio eclatante delle difficoltà che incontrano le regioni del meridione nel garantire l’erogazione dei LEA, e delle modalità con cui la sanità dei poveri finanzia la sanità dei ricchi.
Anche i brillanti esiti che l’Italia ottiene rispetto ad altri paesi europei nella mortalità generale, e in quella per patologie a forte impatto sociale, come l’infarto miocardico acuto o l’ictus cerebri, se valutati per singole Regioni mostrano risultati molto differenziati. Tra Bolzano e Napoli non ci sono solo 770 Km di distanza, ma anche, mediamente, un giorno e mezzo di riduzione della durata della vita per KM a sfavore dei cittadini campani, che ricevono anche la quota sanitaria pro-capite più bassa di Italia”.
“Ulteriori gradi di autonomia nelle disponibilità economiche di alcune Regioni, superando i vincoli di bilancio, o nella organizzazione della rete ospedaliera, nella formazione post laurea, e quindi nella disponibilità di specialisti, nella assistenza farmaceutica rischiano di produrre un netto aggravamento delle diseguaglianze con l’affermazione di un federalismo da abbandono. Ciononostante si persegue un modello confederale in cui ciascuna Regione si fa Stato, una approfondita discussione e con una fretta sospetta. Quella che per alcuni è la prima vera riforma della Costituzione dal 1948 in poi, e per altri un golpe costituzionale imposto da una minoranza di cittadini, procede al riparo da un dibattito pubblico e da quella democrazia diretta che funziona a giorni alterni”.
Sotto il profilo della legittimità – si chiede Palermo – qual è l’impatto rispetto all’articolo 3 della Costituzione che statuisce la pari dignità dei cittadini, prescindendo da ogni condizione personale e sociale? E rispetto all’articolo 32, che caratterizza il diritto alla salute come fondamentale della persona, andando oltre la condizione di cittadinanza? Dove releghiamo la Legge 833/1978, istitutiva del SSN, che tra gli obiettivi principali pone il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del paese?
“Il rischio da evitare – avverte – è che in poche settimane, senza un serio confronto politico e senza un reale coinvolgimento dell’opinione pubblica e delle parti sociali, venga cancellata una delle più importanti conquiste di civiltà del nostro Paese. Quel Servizio sanitario nazionale, improntato ai principi di universalità, equità e solidarietà, che garantisce le stesse cure a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalle loro origini, dalla residenza o dalle condizioni socio-economiche, con oneri a carico dello Stato, mediante un prelievo fiscale su base proporzionale”.
“In un Sistema sanitario già lacerato da importanti differenze, può venir meno definitivamente il concetto stesso di Servizio sanitario nazionale e di politica sanitaria nazionale, con uno strappo definitivo tra Nord e Sud. Per questa via, il diritto alla salute cesserà di essere un bene pubblico nazionale per assumere una valenza locale, che diventa così la fonte primaria del diritto. Con forti rischi per l’integrazione sociale e la unità del Paese se i cittadini non condividono gli stessi principi di giustizia sociale in un ambito rilevante come quello della salute”.
Don Lorenzo Milani – conclude Palermo – affermava che “non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. L’egoismo di alcune regioni ci sta portando ben oltre questa massima, a capovolgere il precetto evangelico dando di più a chi ha di più. Il risultato sarà solo il crollo della più grande infrastruttura sociale e civile del Paese e alla fine lo smantellamento dell’unità nazionale. Un bel cambiamento, non c’è che dire.