“Il Decreto legge all’esame del Consiglio dei Ministri è motivo di delusione per le categorie professionali che rappresentiamo, non tanto per l’obbligo di vaccinazione quanto per la limitazione della tutela giudiziaria degli esercenti la professione sanitaria alla sola pratica della vaccinazione. Appare, così, manifesta la non volontà di cogliere l’essenza dei problemi che, da molti mesi, inutilmente, cerchiamo di mettere in evidenza”. Questo il primo commento del Segretario Nazionale Anaao Assomed Carlo Palermo alle anticipazioni di stampa del “Decreto Covid”.
“Sul punto dell’obbligo vaccinale non solleviamo obiezioni, prosegue Palermo. Garantire a tutti i cittadini cure in sicurezza rappresenta un dovere per il legislatore nazionale, previsto dall’art. 32 della Costituzione, e un obbligo deontologico per i medici. La stessa Legge 24/2017, cosiddetta Gelli-Bianco, considera la sicurezza delle cure parte costitutiva del diritto alla salute, nell’interesse dell’individuo e della collettività”.
“Poco convincente, invece, appare il secondo punto. I professionisti sanitari vengono da un anno tremendo e sono stanchi per lo stress fisico e psichico sopportato, di cui non vedono ancora la fine. Hanno lavorato senza linee guida e buone pratiche su una malattia sconosciuta, sostenuta da un virus subdolo e altamente diffusivo, in condizioni organizzative caratterizzate da carenza di personale e di posti letto, scarsità di dispositivi di protezione individuale, un numero sproporzionato di pazienti che affollavano i pronto soccorso in cerca di assistenza. Sono stati costretti ad assumere decisioni fondamentali per la sopravvivenza dei pazienti in tempi maledettamente brevi, utilizzare farmaci off label senza conoscere la loro reale efficacia, ed i possibili effetti collaterali, in patologie incontrate per la prima volta. Per affrontare l’emergenza hanno, spesso, lavorato in ambiti specialistici non di loro competenza, hanno subito con spirito di servizio la carenza di tamponi, hanno tollerato, per non aggravare la carenza di personale, l’esclusione dalla quarantena, in caso di contatto stretto con pazienti poi risultati positivi al Sars-CoV-2. Trasformandosi, non di rado, da curanti in untori”.
“In un tale contesto – è l’allarme lanciato da Palermo – il rischio di una pandemia giudiziaria non è remoto. Per questo abbiamo chiesto una norma che preveda la punibilità solo per dolo o colpa grave, una colpa grave non generica ma commisurata alle reali situazioni operative dell’ultimo anno, per l’insieme delle attività di diagnosi, cura e prevenzione prestate nel corso di tutto il periodo emergenziale. Non può bastare una tutela legata alla sola procedura vaccinale, che comporta un rischio assolutamente minimo che solo ad un magistrato a corto di informazioni tecniche può suggerire, prima ancora di un’autopsia e della valutazione dell’eventuale nesso di causalità, la iscrizione nel registro degli indagati di medici e infermieri. Altrimenti stiamo prendendo in giro gli eroi di ieri e quelli di oggi, ancora impegnati ad affrontare la terza ondata della Covid-19”.
“L’alterna e instabile convivenza con il virus ha mantenuto durante il periodo autunnale una occupazione media giornaliera delle Terapie intensive di circa 2.000 pazienti, che si avviano a diventare ora con la terza ondata 4.000, superando anche il picco della prima ondata. E tutti dovrebbero ricordare prima di pretendere allentamenti delle restrizioni sociali, che la mortalità dei pazienti in Terapia Intensiva è vicina al 40%. Mentre i medici, sfiniti e demoralizzati, in pieno esaurimento fisico e psicologico, sono sempre lì, in prima linea a fornire una chance di sopravvivenza alle persone che hanno in cura”.
“Allora smettetela, per favore – conclude Palermo – di chiamarli eroi. Da oggi, senza una modifica del decreto durante l’iter parlamentare, anche loro sono delle vittime. Le vittime della mancanza di coraggio, e della perdita di memoria, da parte della politica”.
Claudio Andò