
“Essere medico, chirurga e donna oggi come ieri vuol dire ancora dover dimostrare non di essere più brave di altri, ma di valere, di essere affidabili, credibili per i pazienti. Per questo ho scelto di fare la chirurga d’urgenza in un ospedale di Napoli, perché dovevo avere e dare risposte chiare veloci e risolutive. Si cammina su pietre dure, si salgono scale lunghe e strette, si fanno i conti con l’età biologica, il desiderio di avere figli, di avere una famiglia, di fare carriera. Mi piace credere che nel mondo che vorrei non saremo più OPZIONI, ma SCELTE”.
È solo una delle tante testimonianze raccolte dall’Area Formazione femminile Anaao Assomed in occasione della Giornata internazionale delle donne che in sanità sono alle prese con realtà lavorative sempre più disumane. Non bastano i numeri che continuano a raccontare la predominanza dei camici rosa, perchè sembra sempre che il lavoro qualificato di una maggioranza di professioniste possa essere visibile e apprezzabile solo in base al numero di ruoli apicali raggiunti.
“Una società lavorativa e non solo in affanno, – è un’altra testimonianza di una collega di Piacenza – vuole e ci vuole sempre più agguerrite, termine non casuale, insensibili, falsamente produttive. Cricete impazzite su una ruota alimentata dal nostro affaccendarci. Non c’è tempo per pensare e non c’è tempo per immaginare un futuro che si annuncia distopico, se mai ci sarà concesso un futuro. Il contrario di ciò che volevamo e vogliamo. Allora non resta altro da fare che trasformarci da minoranza silenziosa a maggioranza rumorosa. Capovolgere ogni cosa. Ribellarci oggi, domani e domani l’altro. Segnare la nostra strada”.
“Ogni giorno le donne – è la voce di una collega di Nuoro – sono in prima linea non solo nell’assistenza e nella cura, ma anche nella promozione e nella costruzione di un sistema sanitario pubblico più equo, accessibile e inclusivo. Il loro contributo, troppo spesso silenzioso, è essenziale per affrontare le sfide sanitarie globali, garantendo con umanità che ogni individuo, indipendentemente dal contesto sociale ed economico, possa accedere alle cure necessarie per tutelare la propria vita e la propria salute”.
“Ma di cosa abbiamo ancora bisogno?”, si chiede una giovane chirurga di Roma. “Abbiamo studiato, lavorato, conquistato spazi di libertà e parità. Eppure, spesso ci fermiamo sulla soglia del cambiamento, convinte che attendere sia più sicuro. Ma il mondo evolve, la medicina cambia e noi dobbiamo esserne protagoniste. La tecnologia non ci sostituisce, ci potenzia. E chi meglio di noi può bilanciare innovazione e sensibilità?
Oggi non chiediamo permesso, non aspettiamo il momento giusto. Oggi apriamo quella porta e andiamo incontro al nostro futuro, perché il cambiamento non si osserva: si guida. La nostra strada non è una sfida, è una rivoluzione. E noi ne siamo protagoniste”.