Un totale di 142 prodotti di marca propria provenienti da 22 negozi Lidl in Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Polonia sono stati microbiologicamente testati da un laboratorio indipendente e i risultati sono preoccupanti. Lo studio è stato commissionato in Italia da Essere Animali in collaborazione con le associazioni partner che hanno condotto i lavori per gli altri paesi: Fondazione Albert Schweitzer, Observatorio de Bienestar Animal, Open Cages e Otwarte Klatki.
L’attenzione si è concentrata sui batteri più importanti associati alle infezioni di origine alimentare, soprattutto quelle che possono comportare anche gravi problemi di salute.
A livello europeo e italiano nei campioni prelevati presso Lidl — compresa Lidl Italia — è stato riscontrato:
- Resistenza agli antibiotici: il laboratorio ha analizzato i campioni di carne per l’enzima ESBL, prodotto da alcuni batteri e in grado di conferire loro multiresistenza, nonché per l’MRSA (Staphylococcus aureus resistente alla meticillina) e ha riscontrato la presenza di ESBL nella metà dei campioni europei. In particolare per le confezioni acquistate presso Lidl Italia ha riscontrato il 46% (11) contaminato da ESBL e, addirittura, il 33% (8) contaminato da batteri multiresistenti a 3 delle 4 classi di antibiotici testate. In particolare in tutti e otto questi campioni si evidenzia una resistenza del 100% a due classi di antibiotici classificati come critici per la salute umana (cefalosporine di terza generazione e fluorochinoloni).
- Listeria: il laboratorio ha rilevato presenza di listeria in un terzo di tutti i campioni europei e in un quarto dei campioni tedeschi. In Italia ben il 54% dei campioni risultava contaminato, più di un prodotto su due. Anche se viene disattivato dalla cottura e per questo la sua presenza non è soggetta a segnalazione nei prodotti da consumare previa cottura, il batterio può permanere su quelle superfici della cucina che vengono a contatto con la carne cruda che possono diventare a loro volta potenziali vettori di trasmissione. Un’infezione da listeria può causare malattie gravi, in alcuni casi anche con conseguenze fatali, come successo purtroppo nel focolaio del 2022 apparentemente generato dal consumo di wurstel a base di pollo e tacchino.
- Salmonella spp.: il laboratorio ha riscontrato presenza di salmonelle nel 46% (11) delle confezioni italiane, quasi un campione su due. La contaminazione da Salmonella spp. non è stata rilevata in nessuno dei campioni di carne provenienti da Germania, Spagna e Regno Unito e, con un’incidenza molto più bassa (7%), solo in quelli dalla Polonia. Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute, la presenza di salmonelle è in crescita nei polli d’allevamento e l’87% delle salmonelle isolate sono multiresistenti agli antibiotici, per cui non è possibile escludere completamente che anche quelle trovate nelle confezioni di Lidl siano resistenti a questi farmaci.
Per quanto riguarda l’Italia, lo studio è stato realizzato su campioni acquistati nel mese di gennaio: sono state comprate 24 confezioni di carne fresca di pollo a marchio Lidl da 4 punti vendita situati a Roma, Firenze e Milano. I tagli acquistati sono stati differenziati in modo da rappresentare le tipologie di prodotti più comunemente consumate: 6 confezioni di ali, 6 di cosce, 4 di sovracosce, 2 di fusi e 6 di petto. Appena acquistata, la carne è stata immediatamente confezionata in borse frigo e trasportata con un mezzo di trasporto refrigerato direttamente in un laboratorio indipendente in Germania, dove è stata analizzata. La catena del freddo è stata rigorosamente rispettata e continuamente monitorata durante l’intero tragitto. È utile inoltre segnalare che tutti i campioni testati sono prodotti dalla stessa grande azienda italiana che a inizio giugno ha divulgato una nota di ritiro precauzionale dal mercato di alcuni lotti di petto e fusi di pollo per possibili rischi microbiologici.
Recentemente AVEC, l’associazione europea dei produttori avicoli, ha presentato uno studio secondo cui la transizione agli standard dello European Chicken Commitment (ECC) comporterebbe un aumento dei costi del 37,5%. Tuttavia, come sottolineato anche da rappresentanti della Commissione Europea e del BEUC (Organizzazione Europea dei Consumatori), questo studio presenta diverse lacune, dall’assenza di tempi di transizione pluriennali ai vantaggi portati dalle migliori condizioni di benessere animale, come la riduzione delle malattie e dell’uso di farmaci. Uno studio prodotto poco tempo fa dalla prestigiosa Università di Wageningen, tenendo conto di questi aspetti, ha stimato un aumento di costi tra il 15% e il 19%, circa 0,29 euro/chilo.
«I risultati dei test microbiologici sulla carne di pollo a marchio Lidl Italia dovrebbero suonare come un gravissimo campanello d’allarme. Adesso la palla passa proprio a Lidl: sarebbe irresponsabile da parte loro continuare come se nulla fosse. Lidl deve affrontare la causa dell’elevato numero di batteri resistenti agli antibiotici e degli altri agenti potenzialmente patogeni presenti sulla carne, garantendo migliori condizioni di allevamento in tutte le sue filiere», commenta Brenda Ferretti, campaigns manager per Essere Animali.
Agenti patogeni pericolosi arrivano anche dagli allevamenti
Secondo gli esperti, gli allevamenti intensivi sono largamente responsabili dell’insorgenza di antibiotico resistenza e creano le condizioni perfette perché agenti potenzialmente patogeni si diffondano rapidamente. Numerose immagini provenienti da allevamenti di fornitori europei di Lidl hanno già mostrato le condizioni catastrofiche in cui vengono allevati i polli: migliaia di animali ammassati e spesso malati vegetano in stalle piene di feci e tra compagni morti – un “paradiso” per gli agenti patogeni. Basta che si ammali un solo animale e anche a tutti gli altri vengono somministrati antibiotici, un pratica che concorre fortemente nella diffusione di batteri resistenti.
«Non dobbiamo dimenticare che da decenni gli antibiotici vengono utilizzati in maniera sregolata in ambito zootecnico. Ad animali completamente sani vengono somministrati antibiotici di cui in realtà non hanno bisogno. E questo avviene al solo scopo di poter allevare in modo redditizio animali in luoghi sovraffollati», spiega il dottor Rupert Ebner, veterinario ed ex vicepresidente dell’Associazione veterinaria statale bavarese.
D’altra parte, densità di allevamento inferiori e razze a lento accrescimento con indicatori migliori di benessere animale potrebbero migliorare significativamente la salute degli animali e ridurre l’uso di antibiotici. Passando esclusivamente alle razze a crescita più lenta, i Paesi Bassi sono riusciti a ridurre del 40% l’uso di antibiotici nell’allevamento dei polli.
Resistenza agli antibiotici: la «pandemia silenziosa»
La resistenza agli antibiotici è una delle dieci cause di morte più comuni nel mondo. Nel 2019 più di 1,2 milioni di persone sono morte a causa di questo fenomeno, un numero che nel 2050 si stima potrebbe salire fino a 10 milioni. Solo nell’Unione Europea nel 2020 sono morte oltre 35.000 persone a causa dell’antibiotico resistenza, di cui quasi un terzo in Italia.
In Italia il problema è quindi particolarmente grave e dai dati pubblicati nell’ultimo piano di monitoraggio del Ministero è evidente che, rispetto alla media europea, la presenza di batteri multiresistenti è ancora elevata nelle filiere italiane di polli allevati per la produzione di carne. In Italia, infatti, sin dal 2014 le filiere hanno mostrato una proporzione più elevata di E. coli produttore di ESBL/AmpC in confronto alla media europea. I batteri produttori di ESBL producono un enzima (ß-lattamasi a spettro esteso) che li rende resistenti a diversi tipi di antibiotici, tra cui anche alcuni considerati critici per la salute umana come le cefalosporine di terza e quarta generazione e i fluorochinoloni.
In particolare, dalle analisi del monitoraggio ministeriale su campioni di carne al dettaglio nel 2020 quasi la metà degli isolati batterici di E. coli (46,8%) ha mostrato multiresistenza agli antibiotici, con una multiresistenza fino a 7 molecole antibiotiche diverse contemporaneamente, dati in linea con quelli riscontrati nelle analisi condotte sulle confezioni in vendita da Lidl Italia.
«Non consiglierei ai miei pazienti di acquistare questi prodotti a base di pollo a marchio Lidl», afferma la dottoressa Imke Lührs, specialista in medicina interna ed ex esperta del parlamento tedesco, membro del consiglio direttivo di Ärzte gegen Massentierhaltung (Medici contro l’allevamento intensivo). «Lo studio dimostra che la carne è contaminata da numerosi agenti potenzialmente patogeni. Anche se di solito questi non provocano malattie immediate, esiste comunque il rischio che i batteri possano essere trasmessi all’essere umano se la carne non viene preparata correttamente. In caso di circostanze sfortunate – malattie preesistenti, somministrazione di antibiotici per altri motivi, un infortunio o un’operazione – possono diventare un serio pericolo per la salute».
«Lidl è la più grande catena di supermercati in Europa e, di conseguenza, uno dei più grandi distributori di carne del nostro continente. Gli impegni presi — o non presi — da Lidl influenzano quindi direttamente gli standard di allevamento di decine di milioni di polli nelle filiere da cui provengono i prodotti che vendono a loro marchio. Per questo da ottobre 2022 chiediamo a Lidl di impegnarsi a sottoscrivere lo European Chicken Commitment (ECC), una serie di requisiti con l’obiettivo di ridurre la sofferenza dei polli negli allevamenti intensivi. Aderendo all’ECC, Lidl si impegnerebbe a ridurre le densità di allevamento, abbandonare le razze a rapido accrescimento e garantire agli animali un ambiente migliore in cui esprimere i propri comportamenti naturali. Garantire migliori condizioni di vita agli animali vuol dire avere animali meno stressati che, ammalandosi meno, richiedono un uso minore di farmaci e, di conseguenza, contribuiscono anche alla tutela della salute pubblica», conclude Brenda Ferretti, campaigns manager di Essere Animali.