I Carabinieri del NAS di Firenze hanno tratto in arresto, in flagranza dei reati di truffa aggravata e peculato, un medico dipendente dell’Azienda USL “Toscana Centro”, con rapporto di lavoro di esclusività.
L’attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Firenze, ha avuto origine nel mese di aprile scorso, in seguito a una segnalazione del Servizio Ispettivo dell’Azienda USL di Firenze, con la quale venivano comunicate numerose anomalie sulle presenze di un dipendente che, con cadenza quasi giornaliera, modificava le proprie attestazioni dell’orario di servizio.
I militari del NAS fiorentino hanno iniziato il monitoraggio del soggetto, attraverso una serie di servizi di osservazione e pedinamento, che hanno consentito di accertare come il medico, quotidianamente, si allontanava dal proprio posto di lavoro, situato all’interno di struttura pubblica, per svolgere illecitamente attività libero professionale privata.
Nella serata del 15 giugno è scattato l’arresto: il medico la mattina si è presentato al proprio posto di lavoro, un ospedale pubblico della provincia di Firenze, attestando la sua presenza attraverso l’utilizzo del badge aziendale, dal quale si allontanava poco dopo – senza certificarne l’uscita con il badge – per eseguire diverse visite domiciliari a pagamento nei confronti di propri pazienti, residenti in diversi comuni delle province di Firenze e Arezzo.
I militari, dopo averlo pedinato per tutta la giornata, decidevano quindi di fermarlo, dichiarandolo in arresto per truffa, avendo tratto in inganno l’Azienda Sanitaria “Toscana Centro” la quale, mai informata dall’interessato dello svolgimento di attività libero professionale privata, gli erogava il trattamento economico aggiuntivo previsto in favore dei medici che scelgono di instaurare un rapporto di lavoro “esclusivo”, nonché per peculato, essendo stato trovato in possesso di numerose confezioni di medicinali di proprietà dell’ospedale e per aver percepito compensi dai pazienti, senza versare alla struttura ospedaliera la quota prevista dalla legge.
Le indagini hanno altresì evidenziato che, in numerose occasioni, i pazienti visitati nell’ambulatorio ospedaliero, al termine della prestazione sanitaria, venivano invitati dal medico a pagare in contanti direttamente nelle sue mani, piuttosto che essere indirizzati ai preposti uffici amministrativi dell’ospedale.
E’ in via di quantificazione il valore del danno cagionato dal medico all’Azienda Sanitaria.