Nonostante il rallentamento dell’economia registrato in questi ultimi sei mesi a seguito di una congiuntura internazionale molto difficile, il nostro Paese ha superato meglio dei suoi principali competitor europei gli effetti negativi provocati dalla crisi pandemica, dal caro energia e dalla crescita esponenziale registrata dai tassi di interesse in questo ultimo anno e mezzo. In altre parole, tra il 2019 (anno pre-Covid) e il 2023, l’Italia ha segnato una variazione del Pil del +3 per cento, contro il +2,3 della Spagna, il +1,8 della Francia e il +0,7 della Germania.
Il turismo, la manifattura, i consumi delle famiglie, gli investimenti e l’export hanno sostenuto questa ripresa che, come dicevamo, è stata la più “brillante” tra i principali Paesi dell’Eurozona. Un trend positivo che nello scorso mese di ottobre ha spinto il tasso di occupazione a toccare il 61,8 per cento. Grazie a ciò, in Italia contiamo quasi 23,7 milioni di addetti, un record mai raggiunto in precedenza.
A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Nessun trionfalismo
Certo, i problemi non mancano e le difficoltà che da decenni assillano il nostro Paese sono sempre all’ordine del giorno. Povertà, disoccupazione femminile, lavoro nero, tasse, burocrazia, evasione, inefficienza della Pubblica Amministrazione e debito pubblico sono i principali punti di debolezza che frenano da almeno 20 anni la crescita del nostro Paese. Malgrado ciò, possiamo affermare con orgoglio che da qualche anno non siamo più l’ultima ruota del carro europeo.