Dopo il 2020, annus horribilis in cui è scoppiata la pandemia, il popolo delle partite Iva è tornato ad aumentare e oggi la platea è stabilmente sopra i 5 milioni di effettivi. Al 31 dicembre scorso, infatti, contavamo 5.045.000 lavoratori indipendenti e sebbene il numero sia in leggero aumento rispetto a quattro anni fa, va segnalato che rimane ben lontano dai 6,2 milioni che registravamo agli inizi del 2004.
A comunicarlo è l’Ufficio studi della CGIA.
E’ utile segnalare che non tutte le categorie appartenenti al mondo del lavoro autonomo godono di buona salute. Anzi. Molte professioni sono in grosse difficoltà e il loro numero sta diminuendo: ci riferiamo, in particolare, ai lavoratori autonomi “classici”, come gli artigiani, i piccoli commercianti e gli agricoltori. Diversamente, sono in espansione le partite Iva senza albo od ordine professionale. Alcuni esempi di professioni non regolamentate? I web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali, i consulenti informatici, gli utility manager, i sociologi, gli amministratori di condominio, etc.
Un blocco sociale da quasi 200 miliardi di Pil
Il popolo delle partite Iva, delle micro imprese e i loro dipendenti rappresentano un blocco sociale di oltre 6 milioni di persone che, prima del Covid, produceva quasi 200 miliardi di Pil e negli ultimi 40 anni è diventato centrale in molte regioni del Paese, una componente strutturale del nostro sistema economico, soprattutto a Nordest. I valori associati a questo mondo – contare sulle proprie forze, accettare di misurarsi con il mercato senza alcun paracadute sociale, puntare al miglioramento delle proprie condizioni di vita attraverso l’autorealizzazione personale – hanno caratterizzato almeno due generazioni di lavoratori indipendenti.