«Stipendi base da 3500 euro al mese, netti, anche al primo incarico post laurea. Il Ticino continua ad attingere, giorno dopo giorno, alla vicina Lombardia, che diventa un vero e proprio “serbatoio” di professionisti della salute.
La Svizzera ha bisogno come il pane di infermieri e si trasforma in una vera e propria “isola felice” dove decidere di approdare.
E’ lì, a due passi, e offre ai nostri operatori sanitari un cambiamento di vita, una occasione unica, per se e per le proprie famiglie, che è difficile non cogliere al volo.
La provincia di Varese rappresenta, secondo una nostra indagine supportata dai dati degli ordini professionali, il territorio con la media più alta, negli ultimi anni, di infermieri in fuga verso il Ticino.
90 km o poco più e dalla provincia di Varese arrivi in terra elvetica: poco più di 1 ora di bus o di auto, al giorno, per portare a casa circa 2mila euro in più.
E’ la storia di decine e decine di operatori sanitari frontalieri di Varese. Voi cosa fareste al loro posto?
I dati aggiornati sono inconfutabili e, almeno per il momento, la mozione bipartisan presentata in Consiglio Regionale, per fornire una indennità di confine agli infermieri delle province di Varese, Como, Lecco e Sondrio, seppur lodevole e certamente da apprezzare, rischia di non essere sufficiente ad arginare quella che è una vera e propria fuga che non sarà certo semplice bloccare. Occorrono, insomma, ben altre soluzioni.
Le nostre sollecitazioni, presentate a più riprese agli esponenti del Governo Regionale ed esplose nel faccia a faccia avvenuto con lo staff dell’Assessore Welfare, Bertolaso, in occasione della plenaria dello scorso 29 maggio, sono state accolte da esponenti sia di destra che di sinistra, a dimostrazione che le battaglie di sindacati come il nostro non possono e non devono fermarsi e non hanno certamente un colore politico, quando in gioco c’è la stabilità del sistema sanitario e la conseguente serenità dei pazienti ».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«In provincia di Varese, nelle case di cura, si arriva al 50 per cento di infermieri in meno rispetto a qualche anno fa. Un gap che sembra impossibile recuperare. Negli ospedali sul territorio, cioè nell’Asst Sette Laghi e nella valle Olona, ne mancano circa 500. In totale sono almeno 800 gli infermieri mancanti in provincia.
Dove sono questi infermieri? Ma soprattutto dove vanno coloro che decidono di dimettersi?
Nel 2022 l’Opi Varese ha fatto registrare 350 cancellazioni da parte di infermieri, mentre il picco massimo era sempre stato di 150 negli anni precedenti. Di questi 350 la maggior parte hanno scelto di diventare frontalieri, diretti in terra elvetica. Sono numeri che denotano un peggioramento della situazione, visto che nel 2021 erano stati circa 250 gli infermieri passati a lavorare in Svizzera.
Mediamente sono circa 20 al mese gli infermieri della provincia di Varese che scelgono di andare a lavorare oltre confine, per la maggior parte in Svizzera.
Non è certo più rosea la situazione in provincia di Como. Nel solo 2021, 283 dipendenti dell’ASST Lariana hanno volontariamente rassegnato le dimissioni e oltre la metà di questi ha deciso di diventare frontalieri, lavorando stabilmente nel sistema sanitario svizzero.
I dati cantonali confermano un trend pericolosamente in crescita, registrando nel triennio 2020-2022 una media di circa 350 professionisti della salute (di cui il 90% sono infermieri) che sono passati oltre confine nelle province di Varese e Como. Si tratta di più del doppio dei trienni precedenti.
Il settore sociosanitario del Ticino impiega oggi 16.000 dipendenti, di cui 4.300 sono frontalieri.
Non possiamo sottovalutare le nefaste conseguenze di quanto sta accadendo, continua De Palma, non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia e ignorare i contraccolpi che la sanità lombarda subisce ogni giorno dalla fuga di infermieri in Svizzera. E naturalmente è impossibile non immaginare che tutto questo ricade sulla qualità dei servizi verso i cittadini.
Entro la fine dell’anno, nella sola Asst SetteLaghi, ovvero l’azienda ospedaliera che controlla le strutture della provincia di Varese sono previsti, oltre tutto 180 pensionamenti, un numero difficilmente colmabile, visto che i concorsi vanno pressoché deserti.
Doppie notti, salto del riposo, turni massacranti: gli operatori sanitari che restano “a combattere”, come moderni Don Chisciotte, nella sanità pubblica lombarda, pagano lo scotto di una carenza di personale sempre più grave.
Come agiscono le aziende sanitarie per arginare la mancanza di professionisti? Ahimè, a nostro avviso, nel modo peggiore.
Siamo venuti a conoscenza di possibili assunzioni addirittura dall’America Latina per tamponare la falla. Dovrebbero essere 12 unità, e arriveranno da Paraguay e Argentina. Saranno i primi infermieri extracomunitari assunti direttamente da un ospedale pubblico – l’Asst Sette Laghi – dall’altra parte del mondo. In queste settimane stanno sostenendo gli esami e i colloqui a distanza e in autunno, se promossi, potranno entrare in servizio.
Come in altre occasioni, ripetiamo, che non abbiamo nulla contro questi professionisti. Ma è impensabile, è paradossale, formare i migliori professionisti d’Europa e vederli diventare punti cardine di sistemi sanitari di altri paesi del Vecchio Continente, mentre noi, per rimpiazzare i nostri migliori elementi, andiamo a cercare infermieri dall’India e dal Sud America.
Qualcuno, per nascondere la verità, osa chiamarla globalizzazione, scusateci tanto, noi no!. Per noi è solo pressappochismo di una politica incapace di costruire, da troppo tempo ormai, una sanità a misura di infermieri», conclude De Palma.