CATANIA – «Ultimare gli scavi entro dicembre 2022, a febbraio 2023 avviare e finalizzare il piano per le fondamenta, a ottobre dello stesso anno partire con i lavori e a dicembre 2024 vedere l’opera completa». Questa la road map per la realizzazione della nuova Cittadella Giudiziaria, illustrata da Gaetano Laudani (Dipartimento Regionale Tecnico), in occasione dell’inaugurazione della mostra dei progetti del concorso di progettazione in due fasi del nuovo Palazzo di giustizia della città di Catania.
Un evento tenutosi al Museo della Rappresentazione, dove a fare gli onori di casa è stato il direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e di Architettura UniCT Enrico Foti, in un excursus storico del MuRa, entusiasta di «poter aprire un dibattito tra il passato, il presente e il futuro, con un confronto tra l’attuale palazzo di giustizia – realizzato da Fichera – e quello che verrà». L’Ateneo è tra i primi sostenitori dell’iniziativa, mettendo a disposizione i suoi spazi e «portando avanti la “terza missione” – rafforzando la propria presenza attraverso azioni sociali e culturali sul territorio, ovvero una maggiore presenza sul territorio – che, insieme alla ricerca e alle attività didattiche, rappresenta uno dei pilastri della nostra Università», ha commentato il rettore Francesco Priolo.
Benefici collettivi sottolineati anche dal presidente della Corte d’Appello del Tribunale di Roma Giuseppe Meliadò e dal presidente del Tribunale di Catania Francesco Saverio Maria Mannino, sottolineando l’importanza della nuova Cittadella Giudiziaria, «in risposta a una nuova visione di legalità e giustizia, legata alla trasparenza e apertura sociale. Non a caso si assiste a un’apertura verso il mare e a spazi condivisi con i cittadini. Inoltre – hanno proseguito – rappresenta una soluzione alle criticità ed esigenze degli attuali spazi giudiziari, anche alla luce degli ultimi fatti di cronaca».
Per tutti gli intervenuti si tratta di un nuovo corso, che fa guardare con ottimismo al futuro, soprattutto secondo la classe politica. L’analisi dell’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone e il dirigente generale del Dipartimento regionale tecnico Salvatore Lizzio ritrae il concorso per il nuovo palazzo di giustizia «quale volano per altre opere a livello regionale, dove gli architetti giocano un ruolo di grande rilievo per la loro capacità di guardare oltre». Altrettanto positive la parole del direttore Politiche Comunitarie Fondi Strutturali del Comune di Catania Fabio Finocchiaro e del dirigente della Direzione Urbanistica del Comune etneo Biagio Bisignani, puntando l’accento sul metodo utilizzato per la selezione del progetto vincitore. «Tra i criteri la prassi della buona programmazione, guardando al futuro della città e il rispetto della legalità e della qualità, elementi propri dei concorsi di progettazione».
Oltre ai padroni di casa, Università di Catania e DICAr, in prima linea l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia etnea, «forte sostenitore di un processo indispensabile per la progettazione delle aree strategiche della città – ha spiegato il presidente della categoria Sebastian Carlo Greco – azione resa possibile grazie all’importante supporto del Consiglio Nazionale degli Architetti (presidente Francesco Miceli), che ha messo a disposizione la piattaforma per il concorso». A fargli eco la presidente della Fondazione Eleonora Bonanno, che abbraccia l’idea della mostra quale «grande opportunità per i cittadini di conoscere la storia della città ed entrare in contatto con l’architettura attraverso la visione dei 78 progetti in gara. Una vittoria dell’Architettura di qualità, che vede nel nuovo edificio la perfetta sintesi di intenti delle parti coinvolte. Questo anche per merito delle precedente consiliatura del nostro Ordine – presidente Alessandro Amaro – che tanto si è battuta per la promozione dei concorsi». Concetti sposati anche da Ordine e Fondazione degli Ingegneri della provincia di Catania (presidenti Mauro Scaccianoce e Filippo Di Mauro), impegnati al Congresso Nazionale e rappresentati dalla vicepresidente dell’Ordine Sonia Grasso: «Un progetto simbolo del waterfront, aprendo la città al mare, e di legalità. Con l’auspicio di vedere opere del genere sempre più presenti sul territorio, soprattutto nelle zone periferiche che necessitano di essere valorizzate».
A dare un quadro più definito Giorgio Martocchia, rappresentante del gruppo di progettisti di Modostudio: «Un team che ha cercato soluzioni per le esigenze funzionali più importanti, con l’intento di trasformare l’edificio in un valore aggiunto per la città, diventando scenografia e – ha concluso – mettendolo in stretta connessione con l’ambiente circostante».