CLIMA, GREENPEACE ITALIA E RECOMMON: «NO AL TENTATIVO DI MEDIAZIONE SULLA RICHIESTA DEL RISARCIMENTO DANNI PER DIFFAMAZIONE, NON CI FACCIAMO INTIMIDIRE DA ENI»

Greenpeace International activists from around the world have paddled and protested around MV COCO, a specialized offshore drilling vessel currently collecting data for deep sea mining frontrunner, The Metals Company, on its last expedition before it files the world’s first ever application to mine the seabed in the Pacific Ocean.

Greenpeace Italia e ReCommon nel pomeriggio di ieri hanno respinto la richiesta di mediazione avanzata da ENI in merito a una possibile causa di risarcimento dei danni per diffamazione che la società ha preannunciato di voler intentare nei confronti delle due associazioni, in seguito alla loro campagna pubblica sulle responsabilità climatiche del Cane a sei zampe. La comunicazione inerente alla richiesta di mediazione era giunta a Greenpeace Italia e ReCommon a fine luglio, negli stessi giorni in cui alcune regioni del nostro Paese subivano i pesanti effetti di eventi estremi provocati dalla crisi climatica.

 

Le due organizzazioni hanno deciso di non farsi intimidire, respingendo al mittente la mediazione proposta da ENI. Porteranno avanti “La giusta causa” come fatto finora. Lo scorso 9 maggio, insieme a 12 cittadine e cittadini, Greenpeace Italia e ReCommon hanno infatti notificato a ENI un atto di citazione davanti al Tribunale di Roma per l’apertura di una causa civile per i danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici, a cui ENI ha contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, continuando a investire nei combustibili fossili, pur essendo consapevole dell’impatto negativo dello sfruttamento di queste fonti energetiche sul clima del pianeta. La prima udienza della “Giusta Causa” è in programma il 16 febbraio 2024.

 

«L’ENI domina l’informazione in Italia ed è singolare che faccia la vittima, attaccandoci strumentalmente, con accuse di presunta diffamazione per come avremmo comunicato la nostra campagna sulla causa climatica. Questa, per altro, già offre ad ENI l’opportunità di difendersi e contestare nel merito le nostre accuse riguardo l’inadeguatezza della strategia climatica della società senza sviare l’attenzione su altri procedimenti», dichiara Antonio Tricarico di ReCommon.

 

Quella di provare a intimidire chi si oppone ai piani distruttivi per il clima è una prassi sempre più diffusa tra le compagnie fossili. Di recente, ad esempio, Shell ha minacciato Greenpeace UK e Greenpeace International con una causa multimilionaria. Mentre TotalEnergies ha deciso di denunciare Greenpeace France a seguito del lancio di un report.

 

«Riteniamo gravissimo che ENI, anziché abbandonare il petrolio e il gas che alimentano la crisi climatica, minacci una causa risarcitoria di importo ad oggi non quantificato per provare  a zittire chi chiede un reale cambiamento, per il bene delle persone e del Pianeta.  Non resteremo in silenzio, ma continueremo a denunciare con ancora più impegno e forza le chiare responsabilità di ENI», dichiara Simona Abbate  di Greenpeace Italia.