La pressione fiscale reale italiana, calcolata al netto del sommerso, ha raggiunto ormai il 49%, il livello più alto d’Europa. Nel 2019 era al 48,2%. Il dato è stato fornito dal Consiglio nazionale di commercialisti nel corso di un’audizione sul Def svoltasi presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato. “Stante l’elevata quota di economia sommersa e illegale in Italia – hanno spiegato Tommaso Di Nardo e Pasquale Saggese, ricercatori della Fondazione nazionale della categoria- la pressione fiscale reale, il sacrificio cioè realmente imposto alla collettività che opera nell’economia emersa, è di gran lunga più elevato di quello ufficialmente registrato dall’Istat per tutta l’economia. La contabilizzazione da parte dell’Istat di una consistente quota di economia sommersa ed illegale nel Pil, pari per il 2019 a 203 miliardi di euro, l’11,3% del Pil, determina un livello particolarmente elevato della pressione fiscale reale, pari nel 2019 al 48,2%”.
Pur non essendo ancora disponibili le stime Istat dell’economia sommersa per il 2020 e il 2021, i commercialisti hanno sostenuto che, “alla luce dell’incremento della pressione fiscale ufficiale, è comunque possibile ritenere che la pressione fiscale reale si sia incrementata di pari passo. Mantenendo costante la quota di economia sommersa all’11,3% del Pil nominale, come rilevato dall’Istat per il 2019, la pressione fiscale reale nel 2021 raggiunge il 49% del Pil emerso, portando l’Italia al primo posto in Europa”.
“Per il 2022 e per gli anni successivi – hanno proseguito – il DEF prevede una riduzione della pressione fiscale essenzialmente dovuta alla revisione dell’Irpef operata nella legge di bilancio 2022 e all’abolizione dell’Irap per le attività di impresa e lavoro autonomo svolte in forma individuale”. Per il sostegno alla ripresa economica, sarebbe secondo i commercialisti “fondamentale ridurre la pressione fiscale che grava sulle famiglie che, negli ultimi anni, è sempre aumentata. Nonostante gli interventi volti alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro dipendente, il livello complessivo del gettito tributario imputabile alle famiglie è quello che ha subito l’effetto maggiore dello shock fiscale 2012-2013 anche per effetto di una tassazione immobiliare particolarmente elevata a cui si aggiunge l’incremento della fiscalità locale che, anche per compensare il venir meno dei trasferimenti statali, è cresciuto progressivamente seppure in maniera ampiamente differenziata sui territori”.
I rappresentanti della categoria hanno poi sottolineato come “l’evidente incremento del gettito delle imposte indirette trainato dall’Iva e generato in larga misura dall’importante crescita dell’inflazione, si abbatte sulle famiglie italiane contribuendo ad appesantire ancora di più il carico fiscale complessivo. Pertanto – hanno concluso – sarebbe auspicabile tenere sotto controllo il gettito Iva che sta alla base della lievitazione della pressione fiscale indiretta dell’ultimo anno, ed eventualmente, laddove le condizioni del quadro macroeconomico e di finanza pubblica lo permettessero, compatibilmente con la normativa europea, adottare opportuni provvedimenti di sterilizzazione dell’aumento del gettito Iva”.