Secondo il Tribunale, Meta Platforms Ireland non è riuscita a dimostrare che la richiesta di trasmissione dei documenti da individuare tramite termini di ricerca andava al di là di quanto era necessario e che la protezione di dati personali sensibili non era sufficientemente garantita dall’istituzione di una virtual data room…
Sospettando un comportamento anticoncorrenziale del gruppo Facebook nel suo utilizzo di dati e nella gestione della sua piattaforma di social network, la Commissione europea, con decisione del 4 maggio 2020 1, ha rivolto una richiesta di informazioni a Meta Platforms Ireland Ltd, già Facebook Ireland Ltd. Tale decisione, adottata ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 2, obbligava Meta Platforms Ireland a fornire alla Commissione tutti i documenti preparati o ricevuti da tre dei suoi responsabili nel periodo interessato che contenevano uno o più termini di ricerca definiti negli allegati. In caso di mancata comunicazione delle informazioni richieste, detta decisione prevedeva una penalità giornaliera di 8 milioni di euro3.
La decisione del 4 maggio 2020 sostituiva una decisione simile anteriore, che prevedeva criteri di ricerca più ampi. Tale nuova decisione, adottata dopo alcuni scambi tra la Commissione e Meta Platforms Ireland, ha diminuito il numero di documenti richiesti tramite un affinamento dei termini di ricerca e limitando il numero di responsabili interessati.
Il 15 luglio 2020 Meta Platforms Ireland ha presentato, da un lato, un ricorso di annullamento della decisione del 4 maggio 2020 e, dall’altro, una domanda di provvedimenti provvisori.
Con ordinanza sui provvedimenti provvisori del 29 ottobre 2020 4, il presidente del Tribunale ha disposto la sospensione dell’esecuzione della decisione del 4 maggio 2020 fino all’istituzione di una procedura specifica per la produzione dei documenti richiesti che non hanno una connessione con le attività commerciali di Meta Platforms Ireland e che contengono, inoltre, dati personali sensibili. Dando seguito a tale ordinanza, la Commissione ha adottato una decisione di modifica 5 che prevedeva che detti documenti potranno essere inseriti nel fascicolo di indagine solo dopo essere stati esaminati in una virtual data room secondo le modalità precisate nell’ordinanza sui provvedimenti provvisori.
Meta Platforms Ireland ha adattato il suo ricorso di annullamento per tener conto di tale decisione di modifica. La Quinta Sezione ampliata del Tribunale respinge il suo ricorso nella sua interezza. In tale contesto, il Tribunale esamina, per la prima volta, la legittimità di una richiesta di informazioni tramite termini di ricerca ai sensi del regolamento n. 1/2003 nonché la legittimità di una procedura di virtual data room per il trattamento di documenti contenenti dati personali sensibili.
Giudizio del Tribunale
A sostegno del suo ricorso di annullamento, Meta Platforms Ireland affermava, in particolare, che l’applicazione dei termini di ricerca precisati nella richiesta di informazioni condurrebbe inevitabilmente all’individuazione di un gran numero di documenti privi di rilevanza per l’indagine condotta della Commissione, il che sarebbe contrario al principio di necessità sancito dall’articolo 18 del regolamento n. 1/2003.
Con riguardo a tale aspetto, il Tribunale rammenta che, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può, mediante semplice domanda o con decisione, richiedere alle imprese di fornire «tutte le informazioni necessarie» al fine di controllare il rispetto delle regole di concorrenza dell’Unione. Ne discende che la Commissione può chiedere soltanto la comunicazione di informazioni che possono consentirle di verificare le presunte infrazioni che giustificano lo svolgimento della sua indagine. Tenuto conto dell’ampio potere di indagine conferito alla Commissione dal regolamento n. 1/2003, tale requisito di necessità è soddisfatto se la Commissione può ragionevolmente supporre, alla data della richiesta, che le informazioni sono tali da aiutarla a determinare l’esistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza.
A sostegno delle sue censure che pongono in discussione il rispetto del principio di necessità, Meta Platforms Ireland aveva contestato taluni termini di ricerca contenuti nella richiesta di informazioni, sostenendo al contempo che tali specifiche censure dovevano essere intese come esempi non esaustivi, destinati a illustrare la sua argomentazione più generale. A suo avviso, sarebbe stato irragionevole, se non impossibile, focalizzarsi su ciascun termine di ricerca separatamente.
Tale approccio è tuttavia respinto dal Tribunale, il quale considera che una valutazione globale del rispetto del principio di necessità enunciato all’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 non è appropriata nel caso di specie, ammesso che sia possibile. Infatti, la circostanza che taluni termini di ricerca possano essere, come sostiene Meta Platforms Ireland, troppo vaghi, non ha alcuna incidenza sul fatto che altri termini di ricerca possano essere sufficientemente precisi o mirati per consentire di accertare che essi sono tali da aiutare la Commissione a determinare l’esistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza.
Tenuto conto della presunzione di legittimità di cui godono gli atti delle istituzioni dell’Unione, il Tribunale conclude quindi che solo i termini di ricerca specificamente contestati da Meta Platforms Ireland possono essere oggetto di un controllo del rispetto del principio di necessità. Si deve considerare, invece, che gli altri termini di ricerca sono stati definiti conformemente a tale principio.
Inoltre, dopo aver rilevato che gli argomenti riguardanti i termini di ricerca menzionati per la prima volta in fase di replica sono irricevibili, il Tribunale procede al controllo dei soli termini di ricerca considerati nel ricorso. Ritenendo che Meta Platforms Ireland non sia stata in grado di dimostrare che tali termini erano contrari al principio di necessità, il Tribunale respinge in quanto infondati i diversi argomenti addotti al riguardo.
Nell’ambito del suo ricorso di annullamento, Meta Platforms Ireland sosteneva altresì che, nel richiedere la produzione di numerosi documenti privati e privi di rilevanza, la decisione del 4 maggio 2020, come modificata (in prosieguo: la «decisione impugnata»), violerebbe il diritto fondamentale al rispetto della vita privata sancito all’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e all’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»).
A tal riguardo, il Tribunale rammenta che, ai sensi dell’articolo 7 della Carta, che contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dall’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU, ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni.
Per quanto concerne gli ostacoli a detto diritto, l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta prevede che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà da essa riconosciuti devono essere previste dalla legge e rispettarne il contenuto essenziale. Inoltre, nel rispetto del principio di proporzionalità possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
Alla luce di tali precisazioni, il Tribunale esamina se l’ostacolo all’articolo 7 della Carta causato dalla decisione impugnata soddisfi le condizioni enunciate all’articolo 52, paragrafo 1, di quest’ultima.
Dopo aver rilevato che il regolamento n. 1/2003 conferisce alla Commissione il potere di adottare la decisione impugnata, cosicché l’ingerenza nella vita privata causata da quest’ultima è prevista dalla legge, che tale decisione risponde a finalità di interesse generale dell’Unione e che Meta Platforms Ireland non aveva sostenuto che essa viola il contenuto essenziale del diritto al rispetto della vita privata, il Tribunale esamina se la decisione impugnata causi un ostacolo sproporzionato a tale diritto.
Al riguardo, il Tribunale conferma, in primo luogo, che una richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 costituisce una misura adeguata per conseguire le finalità di interesse generale perseguite dalla Commissione, ossia il mantenimento del regime concorrenziale voluto dai trattati.
Per quanto attiene, in secondo luogo, alla questione se la decisione impugnata ecceda quanto necessario per conseguire dette finalità di interesse generale, il Tribunale rileva che, a seguito della pronuncia dell’ordinanza sui provvedimenti provvisori del 29 ottobre 2020, la Commissione ha adottato un procedimento particolare per il trattamento dei documenti che Meta Platforms Ireland doveva produrre, ma che, di primo acchito, erano privi di nesso con le attività commerciali di quest’ultima e che contenevano dati personali sensibili (in prosieguo: i «documenti protetti»).
Conformemente a tale procedimento, i documenti protetti dovevano essere trasmessi alla Commissione su un supporto elettronico separato e posti in una virtual data room accessibile a un numero ristretto di membri del gruppo incaricato dell’indagine, in presenza degli avvocati di Meta Platforms Ireland, al fine di selezionare documenti da inserire nel fascicolo. In caso di disaccordo persistente sulla qualificazione di un documento, la decisione di modifica prevede, inoltre, un sistema di arbitrato. Secondo tale decisione, i documenti protetti possono, inoltre, essere trasmessi alla Commissione in una forma da cui sono espunti i nomi delle persone interessate e qualsiasi informazione che ne consenta l’identificazione. Su richiesta della Commissione, giustificata dalle esigenze dell’indagine, tali documenti devono tuttavia esserle trasmessi nella versione integrale.
Il Tribunale osserva, inoltre, che non è contestato che taluni documenti richiesti dalla Commissione contenevano dati personali sensibili che possono rientrare tra quelli di cui all’articolo 9 del regolamento 2016/679 6 e all’articolo 10 del regolamento 2018/1725 7, la cui possibilità di trattamento è subordinata alle tre condizioni seguenti:
1. il trattamento deve perseguire un interesse pubblico rilevante, che ha il suo fondamento nel diritto dell’Unione;
2. il trattamento deve essere necessario alla realizzazione di tale interesse pubblico;
3. il diritto dell’Unione deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato.
Poiché tali condizioni erano altresì rilevanti per valutare se, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, la decisione impugnata non va oltre quanto è necessario per conseguire le finalità di interesse generale che essa persegue, il Tribunale rammenta, da un lato, che una richiesta di informazioni quale la decisione impugnata costituisce una misura adeguata per conseguire le finalità di interesse generale perseguite dalla Commissione (prima condizione) e, dall’altro, che il trattamento di dati personali che la decisione impugnata comporta è necessario alla realizzazione dell’interesse pubblico rilevante perseguito (seconda condizione).
Facendo riferimento alle modalità di trasmissione, consultazione, valutazione e anonimizzazione dei documenti protetti, il Tribunale ritiene che anche la terza condizione summenzionata sia soddisfatta nel caso di specie.
Dopo aver così stabilito che la decisione impugnata, nella parte in cui prevede la procedura della virtual data room, non eccede quanto è necessario per conseguire le finalità di interesse generale perseguite, il Tribunale constata, in terzo luogo, che gli inconvenienti di tale procedura non erano nemmeno sproporzionati rispetto alle finalità perseguite.
Tenuto conto di tutto quanto precede, il Tribunale conclude che l’ostacolo al diritto al rispetto della vita privata causato dalla decisione impugnata soddisfa le condizioni enunciate all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta e respinge, di conseguenza, le censure vertenti su una violazione dell’articolo 7 di quest’ultima.
Poiché anche gli altri motivi sollevati da Meta Platforms Ireland si sono rivelati infondati, il Tribunale respinge il ricorso integralmente.