Da oggi riavvio progressivo delle attività economiche nelle zone gialle. Il Ministero dell’Interno conferma che non è possibile consumare al banco dei bar, Fipe chiede l’intervento del Mise. Le Associazioni del commercio chiedono un incontro urgente al Governo…
Torna la zona gialla in quasi tutta Italia, ma non per i bar. Nel senso che rispetto alla zona gialla “classica” stavolta non è possibile consumare al banco, come conferma una circolare emessa il 24 aprile dal Ministero dell’Interno (qui il link in pdf). Il provvedimento ha immediatamente suscitato la reazione di Fipe-Confcommercio, per la quale il provvedimento “non dà certo la risposta che chiedono e meritano le decine di migliaia di bar e locali che si vedono messi ulteriormente in difficoltà proprio nel momento in cui si parla di riaperture”, visto che “introduce una limitazione ulteriore che non esiste nel Dpcm del 2 marzo, al quale l’ultimo decreto fa riferimento, introducendo una penalizzante restrizione e ulteriore caos interpretativo. Il consumo al banco, regolato dai protocolli su distanziamento e capienza degli esercizi, permette in molti casi di snellire il servizio evitando assembramenti all’esterno ed è l’unica modalità di lavoro per numerosissime attività che non dispongono di spazi esterni“.
C’è in più la questione non certo secondaria della sopravvivenza delle imprese: “per i bar al 26 aprile – dice il presidente Lino Enrico Stoppani – le misure restrittive sono addirittura peggiori di quelle che per mesi hanno adottato in zona gialla, perfino quando di vaccini non c’era traccia. Oggi, con oltre 17 milioni di somministrazioni vaccinali e 4 milioni di persone guarite dal Covid, si impedisce di effettuare il consumo al banco e lo si fa con un’interpretazione ministeriale. È una mancanza di rispetto e un danno secco verso 130mila imprese che hanno già pagato un prezzo altissimo per le misure di contenimento della pandemia, senza alcun beneficio evidente sul piano sanitario. Per questo chiediamo al più presto un intervento del Mise”.
Ogni due settimane un “check” sul provvedimento
Le proteste delle Regioni non hanno sortito effetto, almeno per ora. Per il decreto sulle riaperture c’è stata infatti la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Le Regioni erano tornate a chiedere di portare il coprifuoco alle 23 e di permettere di lavorare ai pubblici esercizi anche nei locali interni, ma respingendole l’Esecutivo ha precisato che sul provvedimento verrà fatto un check ogni due settimane a tutte le misure. Il primo sarà a metà maggio. A confermarlo lo stesso stesso ministro per le Autonomie, Mariastella Gelmini: “il coprifuoco non durerà fino al 31 luglio. È lo stesso decreto a dirlo, precisando che il Consiglio dei ministri potrà intervenire nelle prossime settimane, modificando periodicamente nel dl sia le regole per le riaperture che gli orari del coprifuoco”. Sul tavolo delle richieste delle Regioni c’erano anche le riaperture del settore del wedding e delle piscine al chiuso, oltre alla ripresa degli allenamenti individuali nelle palestre già dal 26 aprile. Di rilevante c’è il fatto che è “saltata” la riapertura dei centri commerciali nei fine settimana contrariamente a quanto previsto dalle bozze, che indicavano la possibilità di aprire i centri commerciali, i parchi commerciali e le strutture analoghe nei fine settimana a partire dal 15 maggio.
Centri commerciali: le Associazioni del commercio chiedono un incontro urgente al Governo
“Stupore ed estrema preoccupazione”. È la reazione delle Associazioni del commercio (Ancc-Coop, Ancd-Conad, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, Cncc–Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali, Federdistribuzione) alla cancellazione nel testo definitivo del decreto del comma 1 dell’articolo 8, pur presente nella bozza, che disponeva la riapertura anche nel fine settimana dei centri commerciali nelle “zone gialle”. Restano dunque invariate le misure restrittive eccezionali per queste strutture, senza indicazioni su una possibile riapertura. Le Associazioni chiedono dunque un incontro urgente al premier Mario Draghi per conoscere i motivi della scelta, sottolineando che “la decisione, del tutto inattesa, va a gravare ulteriormente su un settore fortemente compromesso da chiusure straordinarie che si protraggono da oltre un anno”.
“In un contesto fortemente in evoluzione, in cui a partire dalle prossime settimane si assisterà alla riapertura di numerose attività – spiegano – è assolutamente necessario fornire risposte chiare ai 600mila lavoratori dei centri commerciali e fare chiarezza sui criteri utilizzati dal Governo e dagli organismi di supporto come il CTS per valutare una volta per tutte il grado di rischio connesso all’apertura delle strutture di grandi dimensioni in presenza di opportuni protocolli condivisi”.
Le Associazioni del commercio sottolineano infine che “è del tutto incomprensibile come gli stessi protocolli di sicurezza che consentono ai centri commerciali di restare aperti da lunedì a venerdì non risultino adeguati nel fine settimana, consentendo la stessa sicurezza nella gestione degli accessi e degli afflussi” e che “sin dall’inizio dell’emergenza, centri, parchi e gallerie commerciali hanno adottato misure di sicurezza ancor più stringenti rispetto a quanto richiesto a livello governativo e dalle singole Regioni, ribadendo in più occasioni la totale disponibilità a rafforzarle qualora necessario, assicurando tutte le garanzie necessarie a tutelare al meglio consumatori, dipendenti e fornitori dal rischio di contagio, con nessun caso di focolaio registrato nelle 1.200 strutture presenti nel Paese”.
Il contenuto del decreto
Il Consiglio dei ministri ha varato il nuovo decreto anti coronavirus le cui bozza era stata licenziata venerdì scorso. Nessuna novità di rilievo, a parte l’astensione politicamente pesante della Lega, che contesta la conferma del coprifuoco alle 22, valida fino al 31 luglio. Da lunedì 26, dunque, si è cominciato a riaprire, tra i primi i ristoratori: in zona gialla, fino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno tavoli all’aperto, mentre dal primo giugno si potrà mangiare anche al chiuso, ma solo a pranzo. Sempre in area gialla riapriranno con specifici protocolli teatri, cinema, spettacoli e musei. Dal 15 maggio sarà consentita l’attività nelle piscine scoperte e dal primo giugno nelle palestre al chiuso, data in cui saranno aperti al pubblico anche manifestazioni ed eventi sportivi di interesse nazionale. Il 15 giugno ripartono le fiere e dal primo luglio sarà la volta di congressi e parchi tematici. Per quanto riguarda gli spostamenti tra le Regioni resta necessaria l’autocertificazione, dove è già prevista, ma da subito si potrà girare più liberamente con in tasca il “certificato verde”, che attesti la vaccinazione, l’esecuzione di un tampone negativo o l’avvenuta guarigione dal Covid. Chi avrà il pass potrà anche accedere a determinati eventi, culturali e sportivi.
Fipe si schiera con le Regioni: “prioritario riaprire i locali al chiuso”
Posticipare il coprifuoco alle ore 23, programmare l’immediata ripresa delle attività di wedding, indispensabili per il settore del banqueting fermo da oltre un anno, ma soprattutto consentire la somministrazione anche nei pubblici esercizi che non dispongono di spazi all’aperto. Le proposte della Conferenza delle Regioni sono pienamente condivise da Fipe-Confcommercio, per la quale “dopo un anno di restrizioni è necessario un supplemento di coraggio. I protocolli di sicurezza che consentono di far lavorare anche i locali che non hanno la possibilità di allestire spazi all’aperto ci sono ed è doveroso metterli in atto. Non si può discriminare ulteriormente metà dei bar e dei ristoranti del Paese, imponendo regole diverse per imprese dello stesso settore. Certo, anche posticipare il coprifuoco di un’ora, consentendo ai locali di fare il doppio turno la sera è importante, non tanto per ragioni di cassa ma per favorire attraverso l’allungamento dell’orario una distribuzione più ordinata e sicura dei clienti. Per noi dunque la priorità è rimettere in moto anche gli esercizi senza dehor e il mondo del banqueting bloccato da quattordici mesi. L’avanzare della campagna vaccinale e della bella stagione devono essere la spinta per andare in questa direzione. Senza questi interventi l’apertura del 26 aprile rischia di trasformarsi in una falsa partenza che aumenta diseguaglianze e rabbia”.
Da parte sua il presidente Lino Enrico Stoppani ha definito una scelta “scientificamente e socialmente incomprensibile”. Così il presidente di Fipe-Confcommercio, quella di mantenere il coprifuoco alle 22, “incoerente rispetto alle finalità che si propone, perché comprime gli orari e favorisce comportamenti disordinati e opposti”. Stoppani sottolinea poi che “alle condizioni del decreto legge sulle riaperture oltre la metà dei pubblici esercizi italiani non può di fatto farlo. Sono scelte che vanno spiegate e bene, perché appaiono punitive rispetto a quelle adottate in momenti più critici dal punto di vista sanitario. Siamo stati i primi a proporre gradualità e regole certe, che tuttavia devono avere un supporto di carattere scientifico. Pur applicando rigorosi protocolli di sicurezza e garantendo il solo servizio al tavolo, oggi si ritiene che il problema sia l’utilizzo degli spazi interni. Noi siamo esausti di pagare colpe non nostre, come la lentezza della campagna di vaccinazione e l’impossibilità di controllare il territorio punendo comportamenti scorretti. Se il 15 maggio il Governo ha preso l’impegno di vaccinare tutti gli over 70 di questo Paese, riteniamo giusto che prenda anche l’impegno a riaprire le attività all’interno a pranzo e a cena applicando i rigorosi protocolli già approvati”.