Coronavirus. La Fase 2 e l’inadeguatezza dei decreti ministeriali

Il momento è difficile, continua ad esserlo mentre la pandemia si ritira, ma, minacciosa lascia dietro di sé una scia di morte ed il rischio concreto di un’improvvisa recrudescenza. E allora ecco che la cosiddetta “Fase 2” assomiglia molto alla fase precedente: il ritorno graduale alle normali abitudini di vita sembra essere un lontano miraggio.

 

I tecnici sono chiari: non ci possiamo permettere nuove ondate di contagi, il sistema sanitario non lo potrebbe sopportare.
La regola aurea da seguire è semplice e coincide con il distanziamento sociale: ci dobbiamo abituare a stare a distanza dalle altre persone. Difficile per una popolazione adusa al contatto umano, ma possibile. Indispensabile per la sopravvivenza di molti, non solo dei più anziani.
Ed allora paiono del tutto ingiustificati i reiterati sforzi di regolamentazione barocca dei singoli frammenti di vita dell’individuo, se in fondo le norme da seguire sono sanitarie, igieniche e non giuridiche.
A ritenere diversamente si rischia di scadere in stereotipi discriminatori: dai a un italiano la possibilità di scrivere un regolamento e lo farai felice. Siamo tutti intimamente burocrati?
E non solo. A ritenere diversamente si rischia di sacrificare le libertà fondamentali – costituzionali – senza che vi sia alla base un corretto bilanciamento con il diritto alla salute.
Le norme si sforzano di regolamentare i segmenti della vita privata e di entrare nelle case delle persone, ma per loro stessa natura lasciano un varco aperto a criteri interpretativi: insomma finiscono per essere troppo precise, ma allo stesso tempo vuote ed indeterminate.
Facciamo qualche esempio.
Si è molto parlato delle motivazioni fantasiose rese da alcuni soggetti al momento del controllo delle forze dell’ordine durante la compilazione della (mutevole) auto-dichiarazione.
C’è chi ha dichiarato di essersi trovato in stato di necessità per dover acquistare della droga e chi ha dichiarato di potersi permettere di pagare una sanzione ogni volta che si sarebbe recato – da solo – a prendere la tintarella al mare.
Meno si è parlato delle interpretazioni curiose delle norme date talvolta dalle forze dell’ordine.
Così, mi è stato riferito, esercitando la mia professione, di fatti quasi esilaranti: del caso di un giovane che è stato multato per aver fatto la spesa in skateboard, del caso in cui ad un cittadino è stato concesso di andare a lavorare in bicicletta, ma non vestito da ciclista, del caso in cui un altro cittadino è stato costretto a cancellare le fotografie in cui era ritratta anche una pattuglia intenta a fare i controlli di routine.
Insomma: le norme dei decreti si prestano all’abuso.
Ma l’interpretazione di queste norme confuse è liberamente data anche da tutti i consociati: mentre ci ammassiamo in code chilometriche per fare la spesa – rara occasione per respirare un po’ d’aria fresca e magari un po’ di virus – ci sentiamo autorizzati ad educare i consociati più irrispettosi additando gli amici del Covid, gli untori di manzoniana memoria.
Sono stato personalmente redarguito per essermi recato a fare la spesa in auto e non a piedi, i “runner” vengono regolarmente insultati dalle finestre perché non vogliono bene all’Italia, gli anziani che passeggiano vengono inviatati a tornare a casa da sceriffi fai-da-te e via dicendo…
Ma un attimo… Che c’entra tutto questo con il “distanziamento sociale”? Che c’entra con la prevenzione e l’adozione di norme igieniche e sanitarie?
L’aria che si respira è tutt’altro che fresca. È opprimente, opprime i nostri diritti.
In questo clima pare francamente discutibile l’adozione del nuovo decreto del Presidente del Consiglio sulla Fase 2, il cui contenuto merita – almeno in alcune sue parti – accese critiche.
Non si distinguono le zone caratterizzate da un maggior rischio di epidemia, ma viene consentito in tutto il Paese, di fare visita… ai congiunti, ossia alle persone a cui siamo legati da un vincolo di sangue o giuridico.
Ancora una volta, con norme vuote, ma nel contempo troppo dettagliate, si sono voluti regolare settori della vita privata spingendosi dentro le case: i congiunti si potranno incontrare indossando le mascherine e restando a distanza. E come si pretende di verificare il rispetto di queste norme? Spingendo le forze dell’ordine nei privati domicili? Il tutto sulla base di un decreto ministeriale?
Ed ancora, chi sono i congiunti? Non esiste una definizione univoca e il Decreto non fa altro che complicare una situazione già complessa, ma pare potersi affermare che il mero vincolo affettivo non conti.
Il problema è stato sollevato immediatamente dopo l’adozione del Decreto sulla “Fase 2”, poiché limitare la visita ai congiunti, stando alle definizioni contenute nei codici, sarebbe una limitazione discriminatoria nei confronti di chi non è “giuridicamente congiunto”, ma lo è di fatto.
Così rischierebbero di essere irrilevanti le relazioni affettive: se ad esempio si fosse perso un compagno non sposato sarebbe fatto divieto di partecipare alle esequie funebri.
Pare (notizia agenzia Ansa) che a questo pasticcio si sia tentato di porre rimedio con delle FAQ, ancora non pubblicate sul sito del Governo, in cui si chiarisce che nel concetto di congiunti dovrebbero rientrare anche i “fidanzati” e coloro i quali siano legati da “affetti stabili”…
Ma allora cosa si deve intendere per stabilità? Se ho una relazione da un mese è stabile? Se è di un anno? Se non sono poi così sicuro di essere innamorato posso vedermi con l’amante? E chi controllerà se durante l’incontro l’amore resterà platonico, sigillato da mascherine chirurgiche e guanti di lattice? E se il vizio avrà la meglio, potrò essere multato?
Ed ancora, da un punto di vista più tecnico: le FAQ pubblicate sul sito del Governo sono diventate una fonte del diritto? I giudici dovranno disapplicare il Decreto nelle parti in cui contrasti con le FAQ? Potranno applicare le definizioni codicistiche (art. 649 c.p. ad esempio, che contiene una definizione di congiunti risalente al 1930) o dovranno considerare un nuovo curioso iter normativo che nasce da Decreti sbagliati e si sviluppa in rettifiche digitali?
Ma insomma, davvero? Ma che c’entra tutto questo con il “distanziamento sociale”?
Forse, a ben vedere, i comportamenti esilaranti scaturiscono da norme esilaranti, ma tristemente vere.

Fabio Clauser, legale, consulente Aduc