Da una parte si dice che va tutto bene nelle carceri, dall’altra, nei programmi Rai più seguiti, si passa l’annuncio della richiesta urgente di 1.000 operatori sanitari per gli istituti penitenziari, il cui termine scade oggi. Siamo di fronte a una contraddittoria negazione dell’emergenza già in corso all’interno delle strutture di detenzione: in alcune carceri, infatti, è già certificata la presenza diffusa del virus.
A Torino, per esempio, circa il 5% dei detenuti del carcere Lorusso e Cutugno è risultato positivo. Affermare che le nostre carceri sono sicure fa il paio con chi raccontava la menzogna dei porti libici sicuri per i migranti. È un riflesso inaccettabile, mosso da un tentativo continuo di raggranellare consenso elettorale sulla pelle dei disperati, che oggi però rischia di provocare lo scoppio di una vera e propria emergenza sanitaria negli istituti penitenziari italiani.
Da 45 giorni ripetiamo alcune proposte per ridurre questo rischio e tutelare la salute di detenuti e agenti, come una concessione dei domiciliari più ampia dell’attuale a chi ha residui di pena bassi e il rinvio degli ordini di carcerazione di almeno 6 mesi per le condanne entro i 4 anni. Se il ministro Bonafede continuerà a fare orecchie da mercante sarà responsabile delle conseguenze della crisi sanitaria da coronavirus all’interno delle carceri, dichiarano Giulia Crivellini e Igor Boni, tesoriera e presidente di Radicali Italiani.