Anche se in tanti, istituzione comprese, cercano di nasconderlo, siamo entrati nella quarta ondata. E prima dell’anno scorso e anche se ora ci sono i vaccini. Proprio un anno fa, nel 2020, in Italia c’erano meno ricoveri, meno terapie intensive e meno casi giornalieri. E mentre l’anno scorso eravamo molto timorosi e premurosi perché avevamo sulle spalle i pesanti lockdown primaverili, quest’anno – diffusa sensazione di uscita dalla pandemia – ci sentiamo tutti più leggeri e disponibili a comportamenti a rischio.
Il caso recente più lampante sono stati i festeggiamenti per Uefa 2020 dove, chi direttamente o chi indotto dalle immagini mediatiche, ha partecipato ad un abbraccio con chiunque… in periodo in cui vige ancora il metro e mezzo di distanza e dove ci si saluta col tocco del gomito.
In questo contesto aggiungiamo che le vaccinazioni stanno rallentando perché è sempre più vicino lo zoccolo duro dei no-vax (20-30%) e che i vaccinandi sono i più giovani, finora convinti che erano praticamente fuori dalla pandemia e che per il rientro a scuola ancora non si è provveduto a decidere come dovrebbe essere (i dati giornalieri sulle infezioni vedono sempre di più la presenza di giovani).
Una situazione in cui è diventato molto difficile far capire che ci siamo rovinati anche questa estate (notizie di focolai in zone di villeggiatura sono frequenti), ma che ha visto diverse amministrazioni dare il proprio contributo pandemico consentendo e foraggiando i festeggiamenti per la Uefa.
E’ evidente che occorre una più forte iniziativa delle istituzioni, anche se i pericoli maggiori sono rappresentati dalle varianti tipo Delta che (esperienza Uk e Israele) sono considerate meno forti.
A cui aggiungere la necessaria consapevolezza e disponibilità di ognuno, soprattutto a considerare questa estate come più pericolosa di quella del 2020.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc