Normativa italiana secondo cui possono essere designati come responsabili di un centro di trasfusione sanguigna solo i titolari di una laurea in Medicina e Chirurgia…
Questa domanda pregiudiziale è stata presentata dalla Corte di Cassazione quale giurisdizione di ultima istanza in una controversia tra l’Ordine Nazionale Biologi e tre laureati in Biologia, da un lato, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’altro, sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della normativa italiana in base alla quale possono essere designati come responsabili di un centro di trasfusione sanguigna solo i titolari di una laurea in Medicina e Chirurgia e non, invece, i laureati in Biologia.
Con l’odierna sentenza, la Corte di giustizia stabilisce che il diritto dell’Unione, e in particolare la direttiva 2002/98 sulla raccolta del sangue umano[1], non osta, in linea di principio, a che una normativa nazionale preveda il possesso di una laurea in Medicina e Chirurgia come requisito indispensabile per divenire responsabile di un centro di trasfusione sanguigna. Certo, la legislazione nazionale deve rispettare il diritto dell’Unione e quindi, innanzitutto, essere adeguata al raggiungimento degli obiettivi posti dalla direttiva, proporzionata agli interessi in gioco e non discriminatoria (ciò che spetta al giudice nazionale di verificare).
La Corte constata, innanzitutto, che, in base al tenore letterale della direttiva, anche i laureati in Biologia potrebbero assumere la responsabilità di un centro trasfusionale.
La Corte osserva, tuttavia, che gli Stati membri, al fine di tutelare la salute, possono adottare normative più rigorose rispetto agli standard indicati nella direttiva. Orbene, quella di cui trattasi è, appunto, una normativa nazionale più rigorosa che, peraltro, non appare inadeguata rispetto all’obbiettivo di protezione della salute.
La Corte rileva, infine, che le qualificazioni previste nella direttiva mirano ad assicurare che il responsabile di un centro trasfusionale abbia le competenze teoriche e pratiche sufficienti ad esercitare le funzioni affidategli. A questo proposito, la Corte sottolinea che, secondo il governo italiano, in Italia, i centri trasfusionali costituiscono dei servizi integrati al sistema sanitario nazionale a cui sono anche attribuiti compiti diagnostici e compiti di natura strettamente medica. Ciò – se sarà accertato dal giudice rimettente – costituirebbe un argomento a favore della natura proporzionata e non discriminatoria della scelta legislativa di cui si discute.
[1] Direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE (Gazzetta ufficiale n. L 033 del 08/02/2003 pag. 0030 – 0040).