La pandemia ha spinto il Paese nella fascia dei paesi a reddito medio-basso e costretto in povertà oltre 500.000 persone secondo le stime. L’Organizzazione chiede, insieme alle Nazioni Unite, alla comunità internazionale di fornire urgentemente assistenza salvavita alle donne, agli uomini e ai bambini più colpiti dalla crisi per evitare che la situazione umanitaria del Paese peggiori ulteriormente…
Nel fine settimana le autorità dello Sri Lanka hanno annunciato la chiusura per la prossima settimana delle scuole statali e private riconosciute dal governo in tutta Colombo e nelle regioni circostanti. Un ulteriore attacco all’istruzione dei bambini, già colpita da anni di interruzioni a causa del Covid-19.
La decisione arriva a seguito di un peggioramento della carenza di carburante a livello nazionale, che costringe i genitori dei bambini a mettersi in coda anche per due giorni interi – o più di 50 ore – per riuscire a fare rifornimento alle loro auto, e spesso i loro figli li accompagnano o restano a casa ad attenderli con preoccupazione. Le code per il rifornimento, inoltre, impediscono ai genitori di lavorare, con un ulteriore impatto economico per le famiglie.
Senza carburante sufficiente per i veicoli privati e per i trasporti pubblici, molti bambini in tutto il Paese non hanno modo di andare a scuola, anche nelle regioni in cui le scuole sono formalmente aperte. Solo il 20% dei servizi di autobus pubblici in tutto il Paese è in funzione. Anche i servizi di trasporto privato, come i risciò a motore, operano a capacità ridotta, con i conducenti bloccati nelle lunghe code per il carburante.
Lo Sri Lanka sta affrontando la peggiore crisi economica dai tempi dell’indipendenza, che colpisce in particolare la sicurezza alimentare, l’agricoltura, i mezzi di sussistenza e l’accesso alla salute. Molte scuole in Sri Lanka sono rimaste chiuse per un anno e mezzo durante il picco della pandemia e da quando sono state riaperte all’inizio del 2022 hanno chiuso più volte a causa dell’attuale situazione di crisi.
Quest’ultima chiusura avrà un ulteriore impatto negativo sull’istruzione dei bambini nelle principali città e paesi, e impedirà loro di accedere ai pasti scolastici gratuiti, unica risorsa per i più vulnerabili. Secondo una recente valutazione dei bisogni effettuata da Save the Children, il 50% delle famiglie fatica a sostenere l’istruzione dei propri figli a causa della crisi, e alcuni bambini hanno già abbandonato la scuola1.
Sebbene il governo dello Sri Lanka abbia chiesto alle scuole di tutto il Paese di reintrodurre le lezioni a distanza online in vigore durante la pandemia, molte famiglie non possono permettersi i costi della connessione. Secondo le testimonianze raccolte da Save the Children, in molte aree rurali i bambini non hanno accesso a Internet o sono costretti a condividere un solo dispositivo con più fratelli e sorelle.
Come sottolinea la testimonianza di Hasna*, 16 anni, studentessa di Colombo, raccolta da Save the Children “Fare la fila per il carburante mi ha reso molto triste. Non abbiamo mai dovuto fare una cosa del genere prima, ora invece dobbiamo andarci, è inevitabile. Mia madre ha mal di testa e questo mi spaventa. Mettersi in coda è una spesa enorme per noi, l’autobus prima costava 30 rupie (8 centesimi di dollaro), ora invece dobbiamo pagare 200 rupie (56 centesimi di dollaro). Cerchiamo di andare tutti insieme e dividere il costo. La situazione dei risciò a motore è la stessa degli autobus, tutti sono in sciopero e non ci sono autobus. Sono riuscita ad andare con un risciò a sostenere gli esami per conseguire l’O-Level solo perché l’autista ci conosceva ed è stato disponibile a rimanere in fila solo perché eravamo noi. Altrimenti non ci sarei potuta andare”.
“Abbiamo verificato che le famiglie fanno davvero fatica a sostenere la spesa per l’istruzione dei propri figli, che in alcuni casi stanno già abbandonando la scuola. I genitori devono decidere se utilizzare i pochi soldi rimasti per pagare la connessione internet per le lezioni a distanza o per acquistare il cibo necessario. Di fronte a questa decisione, le famiglie fanno una scelta di sopravvivenza, ma a quale costo?”, ha dichiarato Ranjan Weththasinghe, Direttore dei Programmi di Save the Children in Sri Lanka.
“I bambini di tutto lo Sri Lanka – aggiunge – hanno vissuto due anni terribili, con la chiusura delle scuole causata dal Covid che ha completamente interrotto la loro possibilità di ricevere un’istruzione di base. La crisi economica sta peggiorando le cose. Non solo le scuole stanno chiudendo ancora una volta, ma le famiglie hanno ancora meno risorse a disposizione per far studiare i bambini rispetto a prima della pandemia. Siamo profondamente preoccupati che questo peggioramento della crisi economica possa frenare il percorso dei bambini dello Sri Lanka per gli anni a venire. I bambini sono il futuro del Paese e i loro bisogni devono essere la priorità. In questo momento, è necessario che la comunità internazionale mostri solidarietà al popolo dello Sri Lanka”.
Anche se lo Sri Lanka stava compiendo progressi costanti verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2030, in particolare sulla riduzione della povertà, della mortalità materna, neonatale e infantile e sull’istruzione, la pandemia del 2020 ha spinto il Paese nella fascia dei paesi a reddito medio-basso e, secondo la Banca Mondiale, ha costretto in povertà oltre 500.000 persone, un numero destinato ad aumentare.
Le Nazioni Unite e le Organizzazioni umanitarie chiedono ai donatori di fornire urgentemente assistenza salvavita alle donne, agli uomini e ai bambini più colpiti dalla crisi per evitare che la situazione umanitaria del Paese peggiori ulteriormente.
Save the Children Sri Lanka sta attuando un programma “cibo in cambio di istruzione” in 887 scuole di sette distretti del Paese, molte delle quali saranno colpite dalle ulteriori chiusure. Il progetto integra il programma di pasti scolastici del governo per migliorare l’alimentazione dei bambini e ridurre il tasso di abbandono scolastico in tutto il Paese. L’Organizzazione punta a raggiungere un milione di persone con l’assistenza umanitaria alle comunità più vulnerabili in nove distretti del Paese fornendo cibo e nutrizione immediati, e proteggendo e diversificando i mezzi di sussistenza.