“Quando ero a scuola ero molto felice. Avevo molti amici, parlavamo e giocavamo insieme. Ora non succede più e mi dispiace. Ho dovuto smettere di studiare perché mia madre ha molti debiti e non riusciva a mantenere la famiglia con solo 12.000 Taka (circa 90 euro) al mese. Per questo motivo mi ha chiesto di lavorare nella fabbrica di abbigliamento”.
Jui ha 12 anni e ha frequentato la scuola solo fino alla fine della quinta elementare. Oggi lavora con turni giornalieri di sei o sette ore in una delle tante fabbriche del tessile che proliferano a Dacca, capitale del Bangladesh, come addetta al taglio dei fili, un compito che richiede precisione e che le sue piccole mani da bambina svolgono con facilità. Con il suo lavoro guadagna al giorno poco più di 3 euro ma non smette di nutrire speranze per il futuro. “Se potessi avere un desiderio, sarebbe diventare medico. Era il mio sogno quando andavo a scuola” rivela. “Anche se il mio sogno non si è realizzato, lavoro per aiutare mia sorella a crescere e diventare lei un medico”.
Nonostante gli impegni presi con le Convenzioni internazionali, secondo le ultime stime, nel mondo 160 milioni di bambini – 63 milioni bambine e 97 milioni bambini – sono ancora coinvolti nel lavoro minorile, quasi 1 su 10 di tutti i bambini del mondo, e di questi 79 milioni, quasi la metà, svolgono forme di lavoro pericolose1. Il Bangladesh non fa eccezione: secondo il National Child Labour Survey 2022, i bambini fra i 5 e i 17 anni che lavorano sono oltre 1,7 milioni e di questi poco più di 1 milione è impiegato in lavori pericolosi. In Bangladesh il Labour Act del 2006 proibisce l’impiego di bambini al di sotto dei quattordici anni e vieta le forme pericolose di lavoro per i minori di 18 anni. La povertà è il principale fattore che costringe i bambini a entrare precocemente nel mercato del lavoro, privandoli della loro infanzia e danneggiando il loro sviluppo fisico e mentale. In forme estreme, il lavoro minorile comporta schiavitù, traffico di esseri umani o servitù per debiti. Le ragazze sono particolarmente a rischio, un problema aggravato dal mancato accesso all’istruzione e da pratiche dannose come il matrimonio precoce o forzato.
L’intervento di ActionAid. ActionAid lavora in Bangladesh dal 1982, focalizzandosi sui diritti delle donne e dei bambini. Le Happy Home, letteralmente “case felici”, sono spazi sicuri che l’organizzazione ha creato per proteggere bambine e ragazze in situazioni di estrema fragilità, offrendo loro un luogo sicuro dove crescere e garantirsi un futuro.
Le storie delle bambine accolte negli spazi sicuri gestiti da ActionAid sono tutte caratterizzate da un passato di abbandono e solitudine. “È inaccettabile che i bambini lavorino in queste condizioni, come se fossero delle macchine, solo per poter avere un po’ di soldi per comprare del cibo. È nostra responsabilità impegnarci per garantire loro una vita diversa” afferma Sanjida Afrin di ActionAid Bangladesh.
La campagna con Progetto Happiness. In occasione della Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile, ActionAid e Progetto Happiness lanciano una nuova campagna. Giuseppe Bertuccio D’Angelo, ideatore e mente di Progetto Happiness, ha documentato la realtà delle bambine e dei bambini lavoratori in Bangladesh incontrando fra gli altri anche Jui e Noor. La campagna è online sui canali di ActionAid.