È stato approvato ieri in Consiglio dei ministri il decreto ‘Carcere sicuro‘, un intervento che mira a rispondere alla situazione di emergenza negli istituti penitenziari italiani. Il decreto prevede l’assunzione di mille nuove unità per il Corpo della Polizia Penitenziaria, procedure più snelle per la concessione di uscite anticipate dal carcere, un aumento delle telefonate per i detenuti e l’istituzione di un albo di comunità per la detenzione domiciliare.
C’è chi lo considera come un nuovo svuotacarceri, ma il ministro della Giustizia Nordio ha precisato che “questo intervento è frutto di una visione del governo Meloni, condivisa: una condivisione che dal punto di vista della giustizia è orientata su quello che potremmo chiamare umanizzazioni carcerarie”.
Ha espresso la sua opinione sul decreto Stefano Anastasia (Garante dei detenuti della regione Lazio) intervenuto oggi in diretta a “L’Italia s’è desta“, il programma in onda dal lunedì al venerdì, dalle 7 alle 10, su Radio Cusano Campus e in radiovisione su Cusano Italia Tv (canale 122 del digitale terrestre).
Anastasia ha commentato: “L’umanizzazione delle carceri di cui ha parlato il ministro Nordio è un principio fondamentale scritto nella nostra costituzione, che dice che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. È l’elemento fondamentale. La nostra costituzione parla di finalità rieducativa della pena, che è molto complicata e difficile da accertare prima che la pena sia finita e la persona rientri in società. Tuttavia, il fatto che la pena debba rispettare l’umanità di una persona è un principio assoluto”.
Sullo schema di decreto approvato, Anastasia ha dichiarato: “Trovo lo schema di decreto deludente, nel senso che è al di sotto delle necessità. Ci sono alcune misure di semplificazione delle procedure e un lieve aumento delle possibilità di colloquio telefonico per i detenuti con i loro familiari, ma non è quello che ci serve. I detenuti vengono da un’esperienza, quella del Covid, in cui hanno potuto fare telefonate quasi tutti i giorni e ora ne potranno fare 6 al mese. Il problema più grave e attuale del nostro sistema penitenziario è il sovraffollamento e qui, in termini di riduzione della popolazione detenuta, sostanzialmente non c’è nulla. Abbiamo 61.500 detenuti e ad agosto, nel mese più caldo dell’anno, avremo 61.500 detenuti, esattamente quanti oggi se non di più”.
In merito alle telefonate, Anastasia ha osservato: “I detenuti vengono da un’esperienza, quella del Covid, in cui hanno potuto fare telefonate quasi tutti i giorni e ora ne potranno fare 6 al mese. L’esperienza contemporanea della comunicazione e delle relazioni affettive è completamente diversa. Noi siamo addirittura ossessionati dalla comunicazione costante e allora perché costruire questa differenza così abissale? I detenuti lo sentono, pensiamo nella prevenzione al suicidio: quanto può significare, nel momento di difficoltà, poter parlare con una persona cara”.
Sull’affiliazione di comunità, Anastasia ha affermato: “La detenzione presso una comunità è possibile già oggi, ma la previsione di un albo di enti accreditati è certamente utile, soprattutto per chi debba individuare il luogo dove poter mandare una persona. È positivo perché consente alle persone che non hanno un domicilio idoneo di essere assegnati ad una di queste comunità. È positivo il fatto che ci sia una fonte di finanziamento come la cassa delle ammende per l’accoglienza delle persone senza dimora nelle comunità accreditate”.
Sulla semplificazione delle procedure, ha aggiunto: “È rilevante la semplificazione riguardo al riconoscimento della liberazione anticipata. Questo è un elemento di chiarezza molto importante che potrà spingere i detenuti a comportarsi nel migliore dei modi”.
Concludendo, Anastasia ha sottolineato l’importanza culturale di questi passi avanti: “È importante riaffermare il principio della umanizzazione delle pene. L’interesse non è solo il buon cuore nei confronti dei detenuti e dei condannati, ma anche far capire alla società civile che detenuti trattati bene, che scontano la loro pena nel migliore dei modi, hanno una possibilità di reinserimento più significativa e in questo modo la pena consegue il suo risultato”.