“Il punto non è lo scontro tra diritto dell’Unione e diritto interno, che comunque mai come oggi bisognerebbe evitare. Il punto è che la contendibilità delle concessioni è un principio che merita di essere condiviso equamente. Si parla del rischio di fallimento di 30mila imprese e di massiccia perdita di posti di lavoro ma si trascura la necessità di rendere equamente accessibile, secondo regole certe e trasparenti la ricchezza del patrimonio pubblico. Permettere che a questa ricchezza arrivino, decennio dopo decennio, sempre gli stessi semplicemente non è giusto. Peraltro, gli attuali concessionari potrebbero partecipare ai bandi e i lavoratori del settore seguirebbero le concessioni. Perché allora privilegiare loro a discapito di tutti gli altri? I concessionari diranno che la proroga è necessaria per consentire loro di rientrare degli investimenti fatti. Se non che proprio allo scopo di ripagare gli investimenti, sono state concesse le proroghe al 2015 e al 2020. Al 2033 ci saranno altri investimenti da ripagare. Soprattutto non convince che l’investimento sul nostro litorale debba diventare l’arma di un ricatto”, aggiungono. “Nell’era della rivoluzione verde, il vero valore di un approccio concorrenziale potrebbe essere proprio quello di investimenti capaci di far convergere economia e tutela del paesaggio. Anche per questo chiediamo al governo di voltare pagina e a tutti gli enti locali di disapplicare le proroghe. A dispetto degli affilatissimi pareri di parte, questa resta la scelta giuridicamente corretta alla luce delle pronunce dei massimi organi giudiziari, predominanti su poche eccezioni locali, e sarebbe, appunto, la scelta giusta”, concludono.