Il diabete di tipo 1, una malattia autoimmune caratterizzata dalla distruzione delle cellule che producono insulina, registra ogni anno in Italia 5 mila nuovi casi. Se l’insorgenza della malattia avviene al di sotto dei 10 anni, è associata a complicanze renali e cardiovascolari, che accorciano l’aspettativa di vita. Ben 18 anni in meno rispetto alle coetanee sane, per le donne che si ammalano da bambine e 14 anni in meno per gli uomini che si ammalano da bambini, rispetto a chi non ha il diabete.
Ma il diabete di tipo 1 non è più una condanna, se la diagnosi è precoce e la malattia viene gestita al meglio come oggi è possibile grazie alle nuove tecnologie, alla telemedicina e ai team diabetologici pediatrici specializzati. La buona notizia arriva dagli esperti della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) in occasione della Giornata Mondiale del Diabete, commentando i dati di uno studio svedese pubblicato di recente su The Lancet Regional Health – Europe. Lo studio dimostra come dai 45 anni in poi l’aspettativa di vita delle persone con diabete di tipo 1 senza complicanze renali e cardiovascolari è uguale se non addirittura migliore rispetto a quella dei coetanei sani.
Il rischio di ictus, infarti e insufficienza cardiaca invece è fino a 5 volte più elevato se la malattia non è adeguatamente sotto controllo e l’aspettativa di vita diminuisce pure se la diagnosi arriva prima dei 10 anni. Tuttavia anche in chi si è ammalato nella prima infanzia a fare la differenza è soprattutto la prevenzione delle complicanze croniche con una gestione del diabete adeguata fin dal momento della diagnosi, che deve essere precoce, ai primi segni della malattia, per evitare che la glicemia alta possa comportare danni.
“Diagnosi precoce e prevenzione delle complicanze croniche sono i due pilastri fondamentali per garantire alle persone con diabete di tipo 1 una vita lunga e in salute –interviene, , Valentino Cherubini, tra i maggiori esperti di diabete di tipo 1 in età pediatrica, presidente Eletto SIEDP e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica dell’Ospedale Salesi di Ancona – I dati mostrano che c’è tuttora una riduzione dell’aspettativa di vita in chi riceve la diagnosi nella prima infanzia, entro i 10 anni, ma questo accade soprattutto se non c’è un’adeguata gestione della malattia e quindi negli anni compaiono problemi cronici come l’insufficienza renale o i danni vascolari, che aumentano la mortalità cardiovascolare per infarto, ictus, scompenso cardiaco. Scongiurare tutto questo è possibile riconoscendo la malattia ai suoi primi segnali, per evitare che comporti danni, e gestendo la glicemia al meglio: oggi tutto questo è possibile grazie alla tecnologia, la telemedicina, l’educazione terapeutica da parte di un team pediatrico specializzato e dedicato che comprenda diabetologo, pediatra, infermiere, dietista, psicologo”.
I dati dello studio osservazionale svedese, pubblicato di recente su The Lancet Regional Health – Europe e condotto su oltre 45.500 persone con diabete di tipo 1 messe a confronto con più di 220.000 persone della popolazione generale, dimostrano che la mortalità è fino a 5 volte più elevata nei diabetici, ma soprattutto in chi ha problemi cardiaci o renali: i pazienti con oltre 45 anni senza complicanze croniche hanno un’aspettativa di vita uguale se non perfino migliore rispetto alla popolazione sana. “Questi risultati indicano chiaramente che una corretta gestione del diabete di tipo 1 fino dalla diagnosi, con un’attenta prevenzione delle complicanze, può garantire una vita in salute a lungo – osserva Mariacarolina Salerno, presidente Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) e professore Associato di Pediatria all’Università Federico II di Napoli – Esiste ancora un gap nell’aspettativa di vita delle persone con diabete di tipo 1, ma questo può essere colmato se si evitano le complicanze connesse alla malattia con una maggiore attenzione allo stile di vita, fin da piccolissimi, e migliorando il controllo glicemico servendosi di tutte le strategie abbiamo oggi a disposizione, dai diversi tipi di insulina alle tecnologie per il monitoraggio glicemico, fino al pancreas artificiale”.