Dispersione alunni da record e pochissimi laureati, Sud al collasso

Tre milioni e mezzo di alunni iscritti alle superiori ma mai arrivati alla maturità: è con questo pesantissimo fardello, che ha caratterizzato l’ultimo ventennio, che inizia l’anno scolastico di otto milioni di alunni e 1,2 milioni di dipendenti tra docenti, Ata e dirigenti scolastici. In questi numeri, quantificati da Tuttoscuola e pubblicati dall’Espresso, si ritrovano tutte le contraddizioni e le inefficienze del nostro sistema scolastico, concentrato a imporre burocrazia e regole assurde, dimenticando la sua vera e primaria funzione: formare le nuove generazioni, portandole ad uno standard culturale il più elevato possibile.

 

Invece, il Belpaese continua a perdere per strada almeno un ragazzo su quattro che si iscrive alla scuola secondaria: in alcune regioni, soprattutto del Meridione e nelle Isole, si arriva quasi ad uno su due che non ce la fa a diplomarsi. “Ragazzi e ragazze spariti dai radar della scuola, che sotto questo aspetto ricorda le famigerate performance della rete idrica italiana, che perde nel nulla il 35% dell’acqua.

Un colabrodo”, commenta la rivista specializzata che ha condotto lo studio nazionale. Come se non bastasse, tale disfunzione, da Paese non certo avanzato, comporta un “costo enorme: 55 miliardi di euro. E l’emorragia continua: almeno 130 mila adolescenti che iniziano le superiori non arriveranno al diploma.

Irrobustiranno la statistica dei 2 italiani su 5 che non hanno un titolo di studio superiore alla licenza media e di un giovane su 4 che non studia e non lavora”.

 

Ma non finisce qui, perché il dramma si completa con l’accesso ai corsi accademici. “Tra chi si diploma e si iscrive all’università – spiegano gli autori del Focus – uno su due non ce la fa. Complessivamente su 100 iscritti alle superiori solo 18 si laureano. Ma poi un quarto dei laureati va a lavorare all’estero…

E il 38% dei diplomati e laureati che restano non trovano un lavoro corrispondente al livello degli studi che hanno fatto. Un disastro”. Inoltre, “spesso chi abbandona i libri così precocemente finisce nel buco nero dei Neet, quei giovani che non studiano e non lavorano di cui fa parte 1 ventenne su 3 del Mezzogiorno.

Una catastrofe annunciata quella presentata dal dossier che si può evitare solo ripartendo dal sistema scolastico. Ma bisogna fare presto, perché mai come in questo caso vale davvero il detto ‘il tempo è denaro’”.

 

I numeri catastrofici sugli abbandoni scolastici e accademici non sono certo una novità. Perché dal 1995 non sono mancate le iniziative: “Negli ultimi vent’anni – ricorda ancora Tuttoscuola – certo si è provato a correre ai ripari, anche grazie a iniziative esterne di volontari e associazioni.

E il tasso di abbandono scolastico è diminuito: tra il 2013 e il 2018 hanno detto addio in anticipo ai professori 151mila ragazzi, il 24,7 per cento del totale, contro il 36,7 del 1996-2000. Sicuramente risultati incoraggianti, ma ancora insufficienti”. In pratica, si è agito male.

Perché nel frattempo altri Paesi hanno raccolto risultati ben più importanti, con una dispersione oggi molto più contenuta.

 

“L’Italia – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – evidentemente paga anche oltremodo la sua poliedricità geografica, con aree del Paese particolarmente povere di agenti culturali e di quel sostegno sociale necessario a supportare giovani che presentano difficoltà a scuola e appartenenti a famiglie non in grado di sostenerli. Dinanzi a queste cifre fallimentari, che ci allontanano dai parametri imposti dell’Unione Europea, dove in media gli abbandoni scolastici risultano decisamente più bassi, è giunta l’ora di cambiare registro, intervenendo finalmente con investimenti mirati, norme ad hoc ed azioni efficienti”.