“Nonostante i risultati raggiunti in termini di scolarizzazione, a cominciare dall’accresciuta frequenza alla scuola d’infanzia, abbiamo un numero ancora troppo elevato di ragazzi che desistono dagli studi prima di completare il ciclo delle superiori o addirittura prima di completare quello dell’obbligo”. Pesano come un macigno le parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico svolta all’Isola d’Elba.
Perché in Italia abbiamo ancora 15 alunni su 100 che lasciano i banchi prima dei 16 anni, quindi senza nemmeno attendere il termine dell’obbligo formativo previsto per legge in tema di istruzione e disattendendo di gran lunga il tetto sugli abbandoni scolastici indicato da Bruxelles pari al 10%: è emblematico che nella classifica degli abbandoni dei banchi prematuri risultiamo terzultimi in Europa. Poi, alle superiori il quadro diventa ancora più desolante, con il 25% degli iscritti al primo anno, quindi uno ogni quattro, che non arriva al diploma.
Tuttoscuola ha confermato di recente ciò, facendo emergere tutte le contraddizioni e inefficienze del nostro sistema scolastico, concentrato ad imporre burocrazia e regole non condivise, perdendo per strada la sua funzione originaria: formare le nuove generazioni, portandole ad uno standard culturale medio-alto. Se poi si guarda ai numeri di chi conclude l’Università, c’è da mettersi le mani nei capelli: su 100 studenti che vanno alle superiori solo 18 si laureano, la metà della media europea.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “occorre introdurre sin d’ora tempo pieno e prolungato anche al Sud, come ha annunciato di recente il presidente della Commissione Cultura Luigi Gallo, che ha parlato della necessità di organizzare delle iniziative culturali nei territori più degradati. E per realizzare questo obiettivo servono necessariamente degli organici del personale differenziati, da comporre in base al tasso di dispersione e di disoccupazione e alle esigenze del territorio: in questo ambito, è chiaro che le maggiorazioni di personale, ad iniziare da quello docente, vanno previste nelle zone a rischio, dove si fanno registrare un alto tasso dispersivo e di stranieri
“Ma per combattere l’abbandono scolastico, vera croce della scuola italiana, bisogna anche introdurre da subito l’obbligo formativo a 18 anni, come chiede l’Anief da diverso tempo, integrandolo con una modifica dell’alternanza scuola lavoro peraltro già annunciata dallo stesso Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti: siamo d’accordo – continua Pacifico – nel ridurre l’eccessivo monte orario introdotto dalla Legge 107 del 2015, ma quello che più conta è trasformare i periodi a contatto con gli esperti del mondo del lavoro in esperienze formative reali, che tengano finalmente anche conto delle esigenze degli studenti ai quali invece si continua a negare l’applicazione dello statuto redatto a salvaguardia dei loro diritti”.
“Per incentivare la frequenza scolastica, infine, è opportuno puntare sulla continuità didattica, attraverso l’assorbimento dei precari, anche per mezzo della riapertura delle GaE, operazione indispensabile per evitare i licenziamenti dei supplenti abilitati e coprire da subito quei posti vacanti già rimasti scoperti in occasione delle mancate immissioni in ruolo di quest’anno, che hanno prodotto il record di cattedre non assegnate: appena 25 mila su 57 mila autorizzate”, conclude il sindacalista autonomo.