Elezioni europee: l’ONG Open Arms chiede ai candidati dei partiti un impegno per la gestione dei flussi migratori

Sono già 23 i candidati e le candidate, di 6 diverse liste, che hanno aderito: Elly Schlein (Pd); Cecilia Strada (Pd); Camilla Laureti (Pd); Marco Pacciotti (Pd); Giuditta Pini (Pd); Marco Tarquinio (Pd); Antonella Parigi (Pd); Antonella Soldo (SUE); Alfonso Maria Gallo (SUE); Eric Jozsef (SUE); Marco Taradash (SUE); Manuela Zambrano (SUE); Suad Omar (AVS); Christian Raimo (AVS); Massimiliano Smeriglio (AVS); Federica Valcauda (Azione); Daniele Nahum (Azione); Giacomo Zattini (M5S); Maurizio Acerbo (PTD); Paolo Maria Della Ventura (PTD); Federico Dolce (PTD); Tiare Gatti Mora (PTD) e Elettra Stamboulis (PTD)

 

Alla vigilia delle elezioni europee l’ONG Open Arms, da anni attiva nel Mediterraneo centrale con la missione di salvare vite umane, lancia un appello alle candidate e ai candidati dei partiti in corsa per i seggi del Parlamento di Strasburgo. Un’“agenda”, articolata in 5 punti, che propone nuove soluzioni legislative e delle politiche migratorie più orientate al rispetto dei diritti umani e non solo al controllo delle frontiere.

Le proposte di Open Arms sono già state sottoscritte da 23 candidati di 6 liste diverse: Elly Schlein, Cecilia Strada, Camilla Laureti, Marco Pacciotti, Giuditta Pini, Marco Tarquinio e Antonella Parigi del Partito Democratico; Antonella Soldo, Alfonso Maria Gallo, Eric Jozsef, Marco Taradash e Manuela Zambrano della lista Stati Uniti d’Europa; Suad Omar, Christian Raimo e Massimiliano Smeriglio di Alleanza Verdi e Sinistra; Federica Valcauda e Daniele Nahum di Azione; Giacomo Zattini del Movimento 5 Stelle; Maurizio Acerbo, Paolo Maria Della Ventura, Federico Dolce, Tiare Gatti Mora  e Elettra Stamboulis di Pace Terra Dignità.

 

«Nonostante alcuni membri del Parlamento italiano ed europeo abbiano paragonato le nostre azioni a quelle di criminali, ovvero a quelle di chi lucra sulla pelle di persone che non hanno altre vie per lasciare il loro Paese, in nessuna sede giudiziaria è emerso questo tipo di collegamento. Noi, invece, continuiamo a credere che il nostro lavoro sia utile a far venire alla luce quanto accade nel Mediterraneo centrale. Ecco perché, da sempre, ci poniamo come interlocutori delle istituzioni e non vogliamo essere considerati dei nemici. Anche in questa importante occasione, in cui la popolazione europea è chiamata a decidere la propria rappresentanza nelle sedi istituzionali dell’Unione, noi sentiamo l’esigenza di ribadire la nostra posizione su alcuni aspetti delle politiche per la gestione dei flussi migratori. E chiediamo a quanti più candidati possibili di farle proprie in modo da poterle portare nelle sedi in cui possano essere trasformate in azioni concrete» ha dichiarato Valentina Brinis, advocacy officer di Open Arms.

 

Ogni anno, nel Mediterraneo centrale migliaia di persone perdono la loro vita nel tentativo di poter avere una prospettiva di futuro differente da quella del Paese di provenienza: sono state registrate 4.000 morti nel 2023 e 2.000 nel 2022. Per questo l’ONG chiede di presentare una proposta legislativa per istituire un fondo dedicato alle attività di SAR, ovvero di ricerca e di soccorso, nell’area.
In più, gli alti costi e le difficoltà logistiche per la richiesta di un visto per un Paese membro dell’Unione rende discriminatorio l’accesso e impedisce anche a chi è in possesso di un regolare passaporto la riuscita della domanda. La bocciatura o l’impossibilità di ottenere quindi un documento regolare, accresce il ricorso a vie alternative spesso irregolari e pericolose, e per questo Open Arms propone di aggiornare la legislatura sul codice europeo dei visti d’ingresso.
Inoltre, per impedire che i corridoi umanitari siano lasciati all’iniziativa del settore sociale privato e per costruire più percorsi sicuri e legali, gli Stati membri dovrebbero intensificare le misure di reinsediamento e, se necessario, creare corridoi umanitari verso l’Unione europea. Da qui il terzo punto: incrementare da subito la possibilità per le persone di muoversi regolarmente, normando i percorsi alternativi alle rotte migratorie pericolose. 

La quarta istanza riguarda invece l’urgenza di lavorare per sviluppare una politica migratoria orientata al rispetto dei diritti umani e non solo al controllo delle frontiere: gli operatori umanitari riportano i preoccupanti dati del progetto “Missing migrants” dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), un’agenzia delle Nazioni Unite, per cui sono poco più di 33 mila le persone che hanno perso la vita o sono scomparse lungo le rotte del Mediterraneo centrale e delle Canarie, dal 2014 a oggi.

Infine, l’organizzazione sottolinea l’importanza di investire le risorse a disposizione in politiche sull’integrazione e non esclusivamente per centri di detenzione o per il rimpatrio, poiché le politiche migratorie e di accoglienza europee sono sbilanciate verso un rafforzamento militarizzato delle frontiere invece di garantire i diritti di tutte le persone migranti.

Open Arms è attiva per proteggere la vita di chi intraprende una rotta senza avere la garanzia di riuscire a compierla interamente, in una zona dove nei secoli è nata l’attuale cultura europea: il suo appello alla vigilia delle prossime elezioni risuona ora più che mai urgente.