Esodo e soggiorni domiciliari estivi dei boss

Esodo e soggiorni domiciliari estivi dei boss ormai avallati dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e dal Ministero della Giustizia: il più grande scandalo della storia penitenziaria mimetizzato tra le informazioni di distrazione di massa…

Errare humanum est perseverare autem diabolicum.

Attualmente, in modo imbarazzante, stiamo assistendo, purtroppo, a quella che appare un’inesorabile demolizione del sistema penitenziario e tutto ciò nel più totale silenzio. Una sorta di quotidiana sottrazione di elementi e strutture portanti ai danni di una costruzione che resterà depauperata e svilita fino ad implodere, in beffa all’onestà, alla dignità e allo spirito di sacrificio di milioni di Italiani onesti.

E’ ciò che appare dopo l’ultimo, in ordine cronologico, dei provvedimenti amministrativi che, direttamente o indirettamente, volutamente o involontariamente, favoriscono l’impunità di pericolosi criminali in nome della pandemia Covid19. Dei 500 criminali, titolati e blasonati dalle mafie, 400 restano comodamente accoccolati agli arresti domiciliari dove, indisturbati, possono sfrontatamente tornare alle leve di comando delle proprie organizzazioni criminali, nell’assoluto disinteresse collettivo, favorito da un silenzio giornalistico e di informazione costruito ad arte. Continue sono le notizie di distrazione di massa che depistano da uno degli scandali più inquietanti della storia della Repubblica di cui non si vogliono appositamente delineare confini, portata, dimensioni e conseguenze.

Da anni la nostra Associazione, poiché portatrice degli interessi di quelle Vittime del Dovere tragicamente colpite da efferati assassini e criminali, presta particolare attenzione al complesso e delicato tema del sistema penitenziario.

Le esperienze dolorose, che le nostre famiglie testimoniano in prima persona, hanno diretto in modo motivato l’impegno dell’Associazione in questo ambito. Ci ritroviamo pertanto non solo a stigmatizzare inaccettabili azioni, scientemente studiate a tavolino volte a depotenziare la certezza della pena, ma a concertare proposte fattive, adeguatamente mediate, utili per riequilibrare quell’attenzione sproporzionata del Ministero della Giustizia che è esclusivamente concentrata sugli autori di reato e non appare altrettanto sensibile alla tutela e agli interessi delle vittime.

La visione di chi subisce un reato non viene considerata ed è esclusa da qualsiasi dibattito in ragione di un pregiudizio, ormai sedimentato e usato strumentalmente, secondo cui coloro che abbiano subito un torto, debbano necessariamente essere vendicativi. In realtà come Associazione evitiamo di pontificare a sproposito e piuttosto studiamo la normativa, valutiamo le conseguenze e predisponiamo relazioni, osservazioni, emendamenti, interrogazioni parlamentari e note di intervento per denunciare criticità, proporre modifiche e predisporre integrazioni normative riguardanti l’ordinamento penitenziario e il processo penale. Tutto ciò affinché non venga vanificato il sacrificio di tante vite umane di appartenenti alle Istituzioni, e non si ceda il passo a ideologie che elargiscono impunità a piene mani. Particolare attenzione è volta verso quegli istituti, quali il regime detentivo 41bis, nato per contrastare le manifestazioni più violente di gravi fattispecie criminose.

Negli ultimi mesi abbiamo posto in essere molteplici azioni, finalizzate ad ottenere un immediato intervento da parte del Governo, orientate ad impedire la scarcerazione di pericolosi boss mafiosi in seguito all’emergenza Covid-19. Fummo infatti i primi che, in data 9 marzo, a seguito delle sconcertanti rivolte nelle carceri, allertarono le Istituzioni e il mondo della politica riguardo ai pericoli di ricatti e di strategie ad alto impatto emotivo, veicolate da detenuti facinorosi attraverso una brutale violenza che è stata foriera di distruzione e sangue. Una vera e propria estorsione di impunità giustificata strumentalmente dall’emergenza Covid e materializzatasi in un’emorragia di scarcerazioni. A nulla sono valsi i nostri tempestivi suggerimenti di intervento legislativo ed amministrativo, palesati alla cabina di regia del Ministero della Giustizia mediante la redazione di emendamenti e correttivi formulati dal nostro ufficio legale. Dopo svariati appelli e comunicati stampa, mai ripresi dai quotidiani a tiratura nazionale, in data 22 maggio, alla vigilia dell’Anniversario della strage di Capaci, ci siamo determinati ad inoltrare  una nuova missiva alle più alte cariche dello Stato e ai vari gruppi parlamentari invitando a adottare immediate ed improcrastinabili misure concrete di lotta alla criminalità organizzata.

In particolare, abbiamo suggerito le seguenti proposte di intervento:

  • Accoglimento delle proposte di emendamenti nel primo provvedimento normativo di prossima approvazione:
  1. “i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis II comma O.P., quelli in regime di Alta Sicurezza nonché i detenuti con fine pena non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, salvo che la pena già̀ scontata afferisse a reati di cui all’art. 4 bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni, non possono usufruire della beneficio di cui all’art. 123 del D.L. n. 18 del 17.03.2020, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27”
  2. “i permessi di cui all’art. 30 bis nonché la detenzione domiciliare di cui all’art. 47 ter  della Legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28, possono essere disposti solo previo parere vincolante del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo  in ordine  all’attualità   dei   collegamenti   con   la   criminalità organizzata ed  alla  pericolosità  del  soggetto”
  3. “le disposizioni relative ai colloqui di cui all’articolo 4 del D.L. 10 maggio 2020 n. 29 non sono applicabili ai detenuti sottoposti ad art. 41 bis II comma o.p. e a quanti condannati per reati di cui all’articolo 4 bis o.p.”
  • Introduzione di un nuovo reato per il possesso e/o l’utilizzo in carcere di cellulari da parte dei detenuti
  • Ritiro della circolare DAP del 21 marzo 2020
  • Revoca della concessione all’utilizzo di Skype disposta da DAP per i detenuti del circuito detentivo Alta Sicurezza
  • Revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena per quei detenuti che ne siano stati ammessi
  • Accertamento, verifica e sanzionamento delle responsabilità di coloro che a vari livelli hanno ignorato e/o omesso segnalazioni di pericolo e non hanno posto in essere concrete azioni di intervento  

 

Questi nostri insistenti appelli, fatti di lettere, comunicati stampa, interrogazioni parlamentari inviati ripetutamente al Ministero della Giustizia e al Governo sono stati totalmente inascoltati.

L’assoluta e incontestabile bontà del nostro operato risiede nella capacità di intervenire anche quando i più tacciono e ogni nostra proposta si adagia su un attento esame normativo che evita sterili polemiche e presenta proposte percorribili, se pure perfettibili.

 

Tanto che Legge 25 giugno 2020, n. 7 di conversione del Decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 ripropone il contenuto del  Decreto-legge 10 maggio 2020 n. 29, ricordandosi finalmente di citare i sottoposti al regime 41 bis e stabilendo una limitazione chiara all’uso della corrispondenza telefonica.

Purtroppo non si può dire lo stesso dei detenuti  in Alta Sicurezza che rappresentano il vero braccio operativo della criminalità e che, come avevamo già previsto, ora  pretendono che l’uso  di  tali forme di comunicazione diventino una misura ordinaria, così come prevista per la Media Sicurezza.

Certo è che il DL 29 del 10 maggio, nel tentativo di riparare alle scarcerazioni fiume, ha  posto in essere un complesso insieme di procedure invasive del potere giudiziario ed estremamente  burocratiche tanto da finire al vaglio della Corte costituzionale.

Altrettanto vero è che l’ultima Circolare del Dap, del 30 giugno, non fa ben presagire poiché riporta un allegato stilato da un Comitato del Ministero della Salute, che potrebbe essere (come già successo in passato) travisato e usato per una lettura estensiva delle norme ancora vigenti.

 

La Bozza di Protocollo redatta stabilisce che sia opportuno “favorire l’applicazione di misure alternative alla detenzione per tutte le persone che presentano gravi patologie che possono essere significativamente complicate dal Covid 19.”

 

I nostri timori sono comprensibili se si tiene in considerazione la superficialità e la scarsa attenzione dimostrata fino ad oggi dal Governo e dalla Politica, che hanno provocato l’ecatombe del sistema penitenziario con un inquietante esodo di boss, terroristi, mafiosi, assassini attuato grazie alla distrazione dell’opinione pubblica concentrata su problematiche di sopravvivenza sanitaria ed economica.

 

Alla luce di quanto esposto ci si deve solo auspicare che nel necessario passaggio di modifica di tale Bozza si tenga conto di quanta strada è stata percorsa,  di quanto le buone intenzioni possono venir presto frustrate da soggetti destinatari privi di scrupoli e di buona creanza.  Senza dimenticare che il sistema carcerario fornisce comunque idonea assistenza sanitaria, intra ed extra muraria, consentendo il ricorso alle misure alternative secondo quanto già previsto dalla Legge.

L’emergenza sanitaria ci ha insegnato che non è necessario intervenire in una materia così delicata con ulteriore normativa emergenziale,  che di danni ne ha già provocati e di cui si aspetta l’amaro conto (se mai arriverà perché di impunità ne sono piene le pagine della cronaca) ma basta applicare le disposizioni esistenti, con attenzione al caso specifico e con il supporto degli organi ad esso deputati.

Solo un nuovo sforzo immane delle Forze di Polizia, che hanno visto in questi mesi azzerare le loro indagini e i loro sacrifici, potrà riportare in carcere i boss e gli assassini, attraverso l’accertamento di nuovi crimini ed orrori, a riprova del fatto che la mafiosità è un modo di pensare e di essere: il lupo perde il pelo ma non il vizio!

 

ASSOCIAZIONE VITTIME DEL DOVERE