di Roberto Malini
Dov’era la Basilica di Fano, l’unica opera architettonica che sappiamo essere stata progettata da Marco Vitruvio Pollone, il grande architetto/ingegnere dell’età di Cesare e Augusto? Nel suo trattato “De Architectura”, opera cui si sono ispirati i più importanti architetti a partire dal Rinascimento, quando il trattato fu riscoperto, Vitruvio ci fornisce alcune indicazioni. La facciata della Basilica – uno dei suoi lati più lunghi – si affacciava sul Foro di Fano, in asse col Tempio di Giove, sul versante opposto della piazza.
Oggi è difficile stabilire punti di riferimento, ma si può asserire che il Foro si estendesse dall’attuale via Nolfi fino a piazza Amiani, comprendendo ovviamente via Vitruvio. Ora si sta scavando proprio in via Vitruvio, dove sono emersi casualmente alcuni resti romani nel corso di lavori edili. Perché si ipotizza che i reperti appartenessero alla mitica Basilica? Innanzitutto, perché l’area potrebbe coincidere con le coordinate fornite dall’architetto dell’antica Roma. Quindi, per la presenza di pavimenti di pregio e rivestimenti in marmo. Il “marmor carystium” (marmo cipollino) impiegato nella costruzione dell’edificio, che si importava dall’Eubea ai tempi di Vitruvio, è storicamente compatibile con le notizie che abbiamo della Basilica di Fano. Esso, inoltre, era impiegato come materiale per le più imponenti colonne, come quelle che facevano parte della Basilica, secondo il “De Architectura”. Si sono identificati cinque ambienti, con sezioni di pareti conservate alte fino a due metri, mentre i resti della maggior parte del complesso si trovano sotto proprietà private e dunque sarà difficile analizzarli. Sono stato sul sito, senza entrarvi e mi ha sorpreso il grande interesse che la scoperta riveste per i fanesi i quali, durante la passeggiata domenicale per le vie del centro, si assiepavano davanti all’edificio in via Vitruvio presso cui sono in corso i lavori, alternandosi a spiare l’interno attraverso aperture nella recinzione. Si intravvedeva solo un telo di plastica a copertura di una zona scavata, ma tanto bastava a nutrire ipotesi e sogni. Ho esposto qui sopra le ragioni per le quali sì, potrebbe trattarsi del “ritrovamento archeologico del secolo”. Tuttavia, vi sono anche elementi che invitano a essere cauti. Innanzitutto, sugli edifici più importanti dell’antichità ritroviamo spesso grandi templi cristiani, mentre presso l’area scavata si trovava solo l’umile chiesetta di Santa Maria Maddalena, dell’inizio del XVII secolo, oggi sconsacrata e quasi perduta: si è conservato solo il piccolo portale barocco, con una finestra e un esiguo campanile a vela. Non sono stati trovati in situ resti di chiese cristiane più importanti. Accanto alla chiesa vi era inoltre il conservatorio delle orfane, occupato oggi dal cinema Politeama. Ecco perché sembra più logico guardare ancora alla chiesa di Sant’Agostino quale possibile sito in cui si trovasse la Basilica. La chiesa, sotto cui sono state reperite importanti vestigia romane, ha subito diverse modifiche nella sua lunga storia; durante la Seconda guerra mondiale è stata distrutta dai bombardamenti, salvo la parete orientale, ed è ancora in corso di ricostruzione. A mio avviso, inoltre, gli ambienti scavati in via Vitruvio sono troppo piccoli perché li si identifichino con locali dell’edificio vitruviano. E non si deve dimenticare che l’area è già stata oggetto di numerosi lavori edili, senza ritrovamenti di interesse straordinario. I pro e i contro, però, ci inducono ancora a non escludere alcuna ipotesi: continuiamo a sognare, nella certezza che, comunque vada, dagli scavi archeologici emergeranno ulteriori tracce della “Fanum Fortunae” al tempo di Cesare e Augusto.
Nelle foto di Steed Gamero, via Vitruvio, l’area di Fano in cui si effettuano gli attuali scavi; la Chiesa di Sant’Agostino; ricostruzione di fantasia della Basilica di Fano