GAZA, LA SOSPENSIONE DEGLI AIUTI UMANITARI METTE A RISCHIO LA VITA DEI PALESTINESI. AZIONE CONTRO LA FAME: “PREZZI ESORBITANTI E MANCANZA DI CARBURANTE”

La tregua a Gaza, in vigore da gennaio 2025, ha consentito significativi progressi sul piano umanitario. Tuttavia, la recente decisione di sospendere l’ingresso degli aiuti umanitari, annunciata il 2 marzo, minaccia di compromettere i risultati ottenuti finora, aggravando la situazione di milioni di palestinesi e mettendo a dura prova il lavoro delle organizzazioni umanitarie.

L’accordo a Gaza aveva, fino a domenica, facilitato l’ingresso di un maggior numero di beni di prima necessità“, spiega Natalia Anguera, responsabile delle operazioni in Medio Oriente di Azione Contro la Fame. “Per esempio, prima di domenica, era consentito l’ingresso a Gaza di una quantità maggiore di beni alimentari e questo ci aveva permesso di intervenire in modo più adeguato e rafforzare il nostro contributo dove non potevamo accedere prima. In Azione Contro la Fame, stavamo programmando di inviare aiuti alimentari a Gaza la prossima settimana per sostenere una cucina comunitaria con sede a Gaza che avrebbe assistito oltre 4.000 persone durante il mese del Ramadan, ma la restrizione attuale ci impedisce di farlo“.

Dall’inizio della tregua, l’afflusso di aiuti a Gaza era aumentato, con una media di quasi 300 camion al giorno in transito attraverso i valichi disponibili. Una quantità, tuttavia, ancora insufficiente rispetto ai bisogni della popolazione e ben al di sotto di quanto concordato nell’accordo di tregua. “La situazione è gravemente peggiorata: quindici mesi di sfollamento e conflitto hanno portato alla dipendenza della popolazione dagli aiuti umanitari e il flusso di aiuti umanitari dovrebbe essere molto più alto per cercare di compensare tutto ciò che è andato perso finora“, spiega Natalia Anguera.

Conseguenze della sospensione degli afflussi di aiuti umanitari

La sospensione degli aiuti rischia di invertire i progressi raggiunti, non solo mettendo nuovamente a rischio la vita di milioni di persone, ma anche rendendo estremamente difficile il lavoro delle organizzazioni umanitarie. “Sarà molto, molto difficile. Anche se in Azione Contro la Fame avevamo già preso in considerazione questo possibile scenario, sarà molto difficoltoso dover rivedere i nostri piani e il nostro lavoro di approvvigionamento sulla base della nuova situazione, che causerà degli inevitabili cambiamenti nelle necessità e nelle priorità“, spiega l’operatore.

 La tregua aveva permesso l’ingresso di più carburante, essenziale per il funzionamento delle infrastrutture sanitarie, idriche e di fognatura, nonché per il movimento del personale umanitario che doveva estendere gli aiuti a tutte le aree di Gaza. “Eravamo riusciti a riattivare un generatore, ad esempio, utile al funzionamento di un pozzo a Gaza City. Questi sono tipi di interventi che prima non potevano essere portati a termine“, spiega un operatore di Azione Contro la Fame a Gaza. Aggiunge: “Prima non si potevano raggiungere le comunità bisognose perché non c’era carburante a sufficienza e l’accesso era limitato dalla quantità di carburante di cui aveva bisogno il veicolo o il camion per la distribuzione dell’acqua“.

Inoltre, i prezzi erano stati ridotti, anche se non ai livelli precedenti l’inizio del conflitto nell’ottobre 2023. “Da quando è stata sospesa l’entrata degli aiuti umanitari, stiamo assistendo a un aumento significativo dei prezzi dei beni nel mercato locale. Dobbiamo tenere in considerazione che la maggior parte delle persone non ha un lavoro e quindi non dispone di un reddito regolare. Il potere d’acquisto è ancora molto limitato. In Azione Contro la Fame, stiamo gestendo dei programmi di assistenza in denaro, molto più efficienti quando i prezzi erano leggermente scesi“, spiega l’operatore. “Questo scenario è molto difficile per i nostri colleghi palestinesi a Gaza, perché non resistono più e pensano che non riusciranno più a muoversi“, conclude.

Le necessità di aiuti umanitari restano enormi. “Se l’acqua, il cibo e i rifugi erano già necessari durante il conflitto, lo sono ancora oggi“, spiega Natalia Anguera. L’operatore di Azione Contro la Fame cita come esempio la situazione igienico-sanitaria nel nord: “Tutta la popolazione che precedentemente era sovraffollata nel sud ora è tornata a essere sovraffollata, ma solo nel nord, dove non sono quasi più presenti edifici stabili. La popolazione deve tornare nei campi: non c’è spazio né infrastrutture per contenere l’esposizione alle malattie. La forte pioggia di alcuni giorni fa ha causato il collasso delle infrastrutture nell’assorbire l’acqua e il proliferare di acque reflue. L’esposizione alle malattie e all’inquinamento rimane, ad oggi, uno dei problemi più gravi a cui rispondere“.

Natalia Anguera conclude dicendo che “In Azione Contro la Fame, continuiamo a distribuire acqua, tende, teli e kit igienici. Tutto questo rappresenta per noi una priorità assoluta“.