Il 27 gennaio di ogni anno anche l’Uisp celebra la Giornata della memoria, istituita nel 2005 dall’Onu per ricordare tutte le vittime della Shoah. I Comitati Uisp organizzano in tutta Italia iniziative sportive e momenti di riflessione per tenere alto l’impegno per i diritti e le libertà, contro discriminazioni e razzismo. Quest’anno, in particolare, ricorre l’80° anniversario della liberazione da parte dell’armata rossa del campo di sterminio di Auschwitz, l’evento da cui dipesa la scelta di questo giorno per la commemorazione
“Con i milioni di vittime della Shoah e dell’Olocausto la storia umana ha toccato il livello più infimo – dice Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp – noi cerchiamo di fare la nostra parte attraverso iniziative sportive che coinvolgano i giovani in varie città: non dimenticare e risvegliare le coscienze contro ogni forma di razzismo, discriminazione e cieca violenza. Ancora oggi, e sempre nel futuro, dobbiamo saper trarre lezioni dalla storia, dal sacrificio di tante persone innocenti e dal coraggio di tante donne e uomini che si opposero alla ferocia nazifascista sino a sconfiggerla. L’impegno per la democrazia, l’antirazzismo e l’antifascismo sono valori costituzionali da vivere ogni giorno e da tramandare”.
Sono diverse le attività proposte sul territorio per ricordare la Giornata, alcune ormai tradizionali come la Pedalata organizzata da Uisp Roma, altre tese a ricostruire gli aspetti meno noti della storia. Domenica 26 gennaio si svolgerà la Pedalata della Memoria – XXI Memorial Settimia Spizzichino. Uisp Roma è una delle associazioni che prenderà parte all’evento sportivo che partirà alle 9.30 dal Ponte Settimia Spizzichino, con un percorso che toccherà diversi luoghi significativi legati alla memoria storica. Il percorso della pedalata terminerà alla Stazione Tiburtina.
Quinta di sei figli, Settimia Spizzichino era nata in una famiglia del ghetto ebraico di Roma. Il 16 ottobre 1943 fu deportata insieme alla madre, due sorelle e una nipotina durante il rastrellamento del ghetto. Il 23 ottobre, dopo sei giorni di viaggio, nel campo Auschwitz-Birkenau iniziò la selezione dei deportati di Roma. Mentre la madre e la sorella Ada, con la bambina in braccio, furono messe nella fila destinata immediatamente alla camera a gas, Settimia con la sorella Giuditta finì nella fila degli abili al lavoro e ricevette il numero 66210. Delle 47 donne rimaste dopo questa prima selezione, Settimia fu l’unica a tornare a casa e a queste compagne di prigionia ha poi dedicato il suo libro di memorie. per tutte le informazioni clicca qui.
Uisp Varese, con la collaborazione di Margherita Giromini, socia Uisp e presidente uscente dell’Istituto Calogero Marrone, approfondisce la Shoah dello sport, ancora poco studiata.
“Con l’emanazione delle leggi razziali fasciste e pochi anni dopo con la nascita della Repubblica Sociale Italiana, il fenomeno del razzismo nel mondo dello sport acquisì anche in Italia una dimensione violenta e aberrante – scrive Giromini – Nel 1938 si assistette a un “salto di qualità” con l’acuirsi dell’antisemitismo in ogni piega della società. Su ispirazione di un gruppo di intellettuali fascisti si teorizzò che gli ebrei non appartenevano alla “razza” italiana poiché non potevano essere considerati italiani coloro che non si erano assimilabili alla cultura del nostro Paese a causa della loro lontananza dagli autentici caratteri dell’italianità. Uno tra i primi firmatari fu il medico Nicola Pende, l’uomo che due anni dopo sarebbe stato chiamato a dirigere l’Accademia d’Educazione Fisica al Foro Mussolini, l’istituzione che doveva forgiare non solo fisicamente l’uomo nuovo del regime formato agli ideali della mistica fascista. La pulizia razziale entrò violentemente nello sport allontanando dall’Accademia tutti gli allievi “non ariani”. La scure antisemita si abbatté anche sulle ragazze. Negli anni della guerra furono numerosi gli sportivi che subirono la persecuzione nazifascista. Come Leone Efrati, il più noto dei pugili del Ghetto, nel corso della sua esperienza professionistica aveva sostenuto ben 49 incontri. Nel 1938, rientrato in Italia dopo aver combattuto in Francia e in America, fu costretto dal regime a ritirarsi dal pugilato.
Durante l’occupazione nazista per qualche tempo trovò scampo in un convento ma finì deportato ad Auschwitz-Birkenau col fratello Marco e la sorella Costanza. Leone, detto “Lelletto”, per sopravvivere e svagare i suoi aguzzini, si vide costretto a continuare a boxare pure nell’inferno del lager ma finì ugualmente nei forni crematori. Da ultimo, ma non ultimo purtroppo, finì i suoi giorni nel lager di Auschwitz Raffaele Jaffe, astigiano, che nel 1909 aveva fondato il Football Club Casale di cui fu per molti anni presidente. Era stato anche consigliere federale della Figc. Per vendicare la morte di un ufficiale della RSI, i fascisti della squadra “Balilla nera” di Asti avevano condotto diversi assalti contro gli ebrei. Nell’aprile del 1944 toccò a Jaffe essere arrestato e deportato. L’elenco dei perseguitati nel mondo dello sport è molto lungo, i drammi tanti, le vite spezzate troppe. Le ingiustizie infinite”.