L’Associazione Nazionale Forense insiste: “La giustizia che funziona è chiara e sintetica, ma non per regolamento o decreto o limitando il diritto di difesa”, manda a dire Giampaolo Di Marco, segretario generale dell’Anf, a margine degli Stati generali dell’Avvocatura. Una presa di posizione che segue il recente altolà alla proposta di regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari, definito dallo stesso Di Marco “il punto più basso di una riforma del processo civile nata sotto una cattiva stella e che peggiora di giorno in giorno sotto gli occhi attoniti degli operatori del diritto”.
In quel caso, “l’idea di ridurre i principi di chiarezza e sinteticità ad una sterile fissazione di limiti del numero di pagine e del numero di caratteri per gli scritti difensivi denota una grave miopia ed una visione contabile del processo”. Ma in generale c’è tutto un ‘tema’ che riguarda il diritto di difesa su cui l’Associazione Nazionale Forense ‘martella’ chiedendo che “la politica ascolti l’avvocatura che ogni giorno è dentro le aule per costruire una giustizia efficace, efficiente nell’esclusivo interesse del Paese e dei cittadini”.
Eppure, osserva Di Marco parlando alla ‘Dire’, “negli ultimi 20 anni tutti gli interventi in tema di giustizia civile sono andati nel senso della compressione del diritto alla difesa (filtri, aumenti del contributo unificato, nuove condizioni di procedibilità, sanzioni varie e adesso i limiti di pagine). È il momento di una serie riflessione su un modello di giustizia e di processo che risponda alle esigenze del Paese anche nell’ottica Europea, ma senza subire condizionamenti che limitino i principi costituzionali”.